mercoledì 27 giugno 2007


invidio chi sa scrivere di getto, e nel getto dire cose sensate, cose persino belle. ammiro sempre meno chi sa dire solo le cose giuste, chi sa ritagliare i contorni e limare le frasi estemporaneamente. neanche i poeti lo fanno, scrivere è ingrossare e sgrossare, la scrittura funziona come la respirazione, inspirazione, espirazione... ispirazione, espiazione. così per me funziona la scrittura. la scrittura è un fatto di ecco anzi no direi ma non dico epperò secondo me magari ma nemmeno guarda forse hai ragione ma piuttosto è possibile che.

a me il getto non sfugge mai di mano, la mia penna è tirchia, le mie dita pigre, se e quando si tratta di digitare. ma non sono neppure uno di quelli che sanno stampare le frasi su due piedi, nemmeno i poeti lo fanno. saperlo fare significa forse essere scrittori; il fatto, di per sé certo, che io non ne sia uno, non ha bisogno di una simile riprova.

basterà che sia l'amata a testimoniare, ché si sa, l'amore è cieco, e cieco è chi l'amore prova, e ai ciechi non conviene la menzogna, ma l'amata per definizione non è colei che prova l'amore. l'amore una volta che lo provi non è mica come una giacca, lo devi comprare e se non lo compri ci fai una magra col negoziante, che sei tu stesso, perché a tutti puoi raccontare fregnacce, come i negozianti sempre fanno, tranne che a te. e si sente dire che al cuor non si comanda ma se c'è una cosa a cui non si comanda quella cosa non è il cuore ma il sonno. e chi soffre di insonnia lo sa meglio degli altri. e l'amata se c'era dormiva e ancora dorme, o almeno finge di dormire. il che potrebbe impedirle, all'uopo, di proferire testimonianza che io, l'amato in persona, non sia uno scrittore nemmeno se mi rotolo su cento strati di fango in fondo ad una trincea, ché oramai non è neanche tempo di guerre degne di un romanzo del dopoguerra. dormisse pure l'amata se non torno dal fronte, spettinerassi i capelli al corteo che insegue la mercedes station wagon tutta nera che non contiene mica la mia salma, no: contiene i vestiti più nuovi che si fossero rinvenuti nel mio armadio: quelli dell'amante dell'amata. l'amante segue il corteo che segue la mercedes, l'amante è nudo, l'amante è il re.

già scricchiola del re lo scarno scranno

dice chi dice donna dice danno

già scricchiola del re lo scranno/tara

lo dannerà la donna di denara

dorme l'amata sotto cento pezze

di vento, al suo risveglio sarà spettinata ma avrà la sensazione di aver viaggiato lontano. l'amato ride nel sonno per non farlo da sveglio, piange nell'eternità per non farlo da veglio, vive nel rimpianto per non morire nel rimorso, rimuore ogni giorno per rivivere il giorno successivo. la farfalla dorme sotto cento strati di bruco, vede grazie a cento piccole lenti, la farfalla sogna di essermi. io sogno di essere l'amata, e di poter trattenere i capelli a due mani, sicché il vento non mi dia l'illusione di aver viaggiato, visto che sarei rimasto immobile sotto cento lenzuola giusto il tempo di una notte, ché era tutto così buio da non poter vedere, da non poter viaggiare, ed era cent'anni che non capitava una cosa simile dalle nostre parti. ciò qualcuno ha detto al viandante, che -come ogni viandante che si rispetti- cura la propria barba e parla in modo mediamente corretto, oltre ad indossare abiti sì da viaggio, ma sempre ben stirati. la moglie del viandante rispetta il viandante almeno quanto egli non rispetti se stesso, e questo fa di loro due una coppia felice,, per quanto le due parole che precedono la doppia virgola possano sortire, messe così una accanto all'altra, un'esito bizzarro.

l'odio s'annida libero presso le cantine o negli armadi, come un amante, sotto forma di cuscino senza federa, e preda vitto dalle cucine tiepide, preferendo quel che resta però nei piatti, perché non ha genio di cucinare e anzi consuma volentieri cose fredde, come l'insalata di riso, preferibilmente con un po' di maionese. si muove tacito e quando cedi al sonno ruba il cappottone del nonno, il quale se ne accorge suo malgrado percorrendo quei cento metri scarsi che lo separano dal mazzo di carte, sotto vento e col basco rincalcato sulla testa ancora nera, di quel vento che non se ne vedeva da cent'anni, e guarda tu che va a capitare nella notte più buia. le meraviglie non accadono mai da sole. e allora accadrebbe domattina che il cuscino torni ad infilarsi nella federa che meglio gli compete, mentre l'amante precipita giù dal terrazzo dove anzitempo s'era andato a rifugiare, ma abituato com'è alle cantine doveva aspettarsi che l'altura gli desse le vertigini. lo scrittore gli concede il privilegio di pronunciare, precipitando fra cento lacrime che non basteranno a rallegrargli l'atterraggio, le uniche due parole che abbiano senso accanto ad un nome di donna: ti odio.

sabato 23 giugno 2007

Oggi tutto ha il sapore del sonno. Il caffè ha sempre il sapore del sonno, a qualsiasi ora. Ma anche tutto il resto, ha questo sapore, oggi. E' un sapore che sta fuori dalla bocca, sta nel cranio, dietro gli occhi, fra mandibola e mascella, nel petto. Il sonno è un sentimento aggressivo, violento, c'è dentro tutto, il sesso, la fame, la sete, il sonno stesso. L'amore. Il sonno sprigiona tutto, e tutto imprigiona in una specie di bolla d'aria che sta lì, non so bene dove, ma c'è.
Sono certo che il sonno mi avvicini alla vita del gatto; sì, capisco perché i gatti dormono tanto, e non solo di notte. I gatti hanno una vita intensa anche quando non fanno un cazzo, i gatti è gente surrealista.
Dormire di pomeriggio è diverso che di notte, senti il mondo che ti veglia addosso, sei avvolto da una nube elettrica, sei un ascoltatore privilegiato di quello che avviene tra le note di un gingle televisivo, nelle pause che scandiscono il frinire della cicala. La cicala smette, e tu sei sveglio. E di solito, da sveglio, ci sono gli uccelli.

giovedì 21 giugno 2007

Il nero non dura. Il fatto che ti affezioni alle cose, quella è un'altra questione. Sarà che io non so lavare bene, non so fare la lavatrice, diciamo che non la faccio mai, me la fa mia madre, ma il nero una o due volte che lo lavi e già non è più nero, non da metterci la mano sul fuoco. Diventa grigio, ma noi siamo imbottiti di convinzioni e convenzioni, e allora dici: la maglietta è nera, ma non è nera manco per niente, e se guardi bene si vede. Però ti ci sei affezionato, alla maglietta, e la metti lo stesso.
Ma del resto il sole è giallo, no?
Certi blu, poi, sembrano neri. Blu non è neanche una parola latina. La radice è germanica: blaw; in francese diviene bleu, in ispagnuolo antico è biado, che vale ceruleo, azzurro; sbiadito ha lo stesso etimo. E' lecito considerare azzurro anche quel blu che tende al nero. Ma è piuttosto il nero che tende al blu, o al grigio. Perché il nero non dura. Il nero è assenza di colore, dicono, il nero non è credibile.
Dice: la vedo nera.
Vedi nero quando c'è poco da vedere. Se guardi bene si vede: si vede che è di un altro colore. Magari non rosa, il che significherebbe che va tutto per il meglio. Ma nero no di certo, ché tra rosa e nero ci sono mille sfumature, e le strade che portano da un colore all'altro, o meglio dal non colore al rosa, possono essere innumerevoli, puoi passare attraverso qualsiasi colore, tanto tutti i colori sono suscettibili di tendere al nero, così come il nero è capace di tendere a qualsiasi colore seguitando ad atteggiarsi a nero. L'importante e non metterci la mano sul fuoco, ché poi ti si annerisce, e brucia e duole.
Vedi però? Il fuoco. Si dice rosso fuoco, ma il fuoco rosso non l'ho mai visto, tranne quand'è fuoco d'artificio. Tutt'al più è giallo, il fuoco, o arancio, o anche tendente al bianco. Quello della macchina a gas a volte è blu. Non è suggestivo? Il fuoco blu.
Il bianco poi, ah. E' un po' come il nero, ma dicono che non è assenza, ma compresenza di tutti i colori insieme. Non è proprio così, ma meglio semplificare. Eppure anche il bianco a lavarlo male diventa altro. Se lo lavi coi colorati a temperature troppo alte diventa altro; capita che diventi rosa. Ma un rosa improponibile, che non te lo puoi mettere addosso. Neanche se ti sei affezionato alla maglietta.
E a questo punto mi sembra evidente che le cose non siano mai bianche o nere. Non sono mai né bianche né nere. Questi sono colori, o non colori, che non durano.
Vado sotto le lenzuola; è buio ma la mia scrivania è illuminata da una luce verde che si spande timidamente un po' in tutta la stanza. In queste condizioni di luce non so dirvi di che colore sono le lenzuola; nere no di certo, anche se mi piacerebbe [:)]
Ma bianche nemmeno.

sabato 16 giugno 2007

E poi Piòtr non s'è fatto più sentire.
La musica invece è sempre più forte e chiara, e ci son volute orecchie nuove. Le mani confidano nelle orecchie, quando le orecchie sono buone davvero.
Nuovi pure gli occhi, che siano degni di un sorriso anch'esso nuovo e ogni giorno più luminoso. Un sorriso a cui sento di non voler rinunciare per nessuna ragione al mondo. Lo ricambio con un altro sorriso, che non vedo perché è mio. Però lo sento affiorare sulle labbra e oltre, e dicono che anche il mio sia luminoso, e buffo, a volte.

giovedì 7 giugno 2007

Piòtr dice che non poteva. Stasera no. Ma come? Stasera suono, ho una serata, e tu non vieni! Niente da fare, non può. La serata passa. Ma dopo la serata, se non c'è Piòtr tanto vale stare soli. E' che la gente non rispetta la disparte, se ti siedi su uno scalino a fumare e a studiare l'asfalto c'è chi si sente in diritto di richiamarti alla socialità. Non ti resta che aspettare di essere solo per davvero, e imboccare la Tuscolana.
C'è un semaforo, sulla Tuscolana, cinquecento metri prima dello svincolo del raccordo, c'è un semaforo, dicevo, che è sempre rosso. Ed è lì che volevi arrivare. Uno si ferma lì e tutto quello che puoi fare è piangere. E' li che volevi arrivare. E una volta lì c'è tutto il tempo di sfilare le cose più malinconiche che hai e rimetterle in fila in un discorso ipotetico, il Discorso Definitivo. Si dà il caso che una macchina ti si affianchi, e dentro c'è qualcuno che ha desideri simili ai tuoi, e forse anche lui sei tu. Ma tu stai piangendo, il pudore si trasforma in una mano che passa a sganciarti le lacrime dai bulbi per annegarle nei calzoni. Quanti umori si nascondono tra le fibre dei calzoni di un uomo, e non ridete.
Forse c'è anche la radio accesa, ma chi se ne importa. Le orecchie stordite di un batterista, di notte, impastano la radio con il resto, in un flusso stridente, stordente ancora. Quasi non ti avvedi che il cellulare sta bofonchiando, con l'insistenza di un bambino stupido.
- Pronto.
- Ciao.
- Chi è?

Lo sai benissimo chi è.

- Volevo avvertirti che il semaforo è verde.
- Piòtr.

Lui.

- Imbocca il raccordo ed esci sull'Appia, te la fai tutta fino a piazza re di Roma. Di lì prendi via Cerveteri ed è capace che ti ritrovi a piazza Tuscolo, e poi di lì ti ho insegnato come si arriva a plaza Caballeros del Trabajo.
- Che devo fare stavolta?
- Stavolta resta davvero su un pavimento surreale. Se ti siedi e ti fai fare un caffè hai finito i giochi, te l'avevo già detto quella volta e non mi hai dato retta. Sotto lo zerbino trovi anche le chiavi del terrazzo.
- Quelle mi mancavano, Piòtr, le chiavi del terrazzo. Ah, ma se stavolta ci sono le chiavi del terrazzo, allora tutto a posto, allora è fatta.
- Mucha mierda.

E attacca.
E io so solo che il Discorso Definitivo non l'ho dimenticato. Ma gli ho cambiato il titolo, e il titolo non ve lo dico, perché mi piacciono le cose non dette, perché sono le uniche che ancora si debbano dire.

domenica 3 giugno 2007

C'ho una serie di emozioni mischiate che devo abbandolare entro lunedì, in tempo utile per restituire un verso a certe questioni.
Il fatto è che anni fa una cosa del genere l'avrei scritta su un'agendina, un taccuino di quelli che ho ancora, ne ho più d'uno, di quelli che periodicamente perdo e che ritrovo sempre troppo tardi, quando già ho comprato un taccuino nuovo. Ed ecco perché i miei taccuini sono tutti vuoti per metà o più. Il fatto è che ora scrivo qui, e anche se nessuno legge non posso proprio evitarmi un po' di censura.
E mi chiedo se questo non mi porti a ragionare e vivere in modo diverso, in modo censurato. Tutti oramai hanno uno spazio pubblico, un myspace, un blog, tutti. E mi chiedo se questo non impigrisca l'esigenza di una vita segreta. Perché tutti hanno un myspace e tutti hanno una vita segreta. C'è il rischio di sprecare più fantasia sull'uno che sull'altra.

venerdì 1 giugno 2007


Mario Venier (da leggere con accento veneto)


Noi semo na comunità de gente de noantri che se chiamamo Avanti Cristo. Avanti Cristo è na comunità che c'ha un sacco de idee nove su come sarvà er giovane da certe strade de Sattana, perché o sapemo tutti che er giovine è robba de gente che se perde lungo i sentieri de Sattana.

Se proponemio nzomma de annà dentro a sti quartieri de un certo tipo a rimedià tutti sti giovani che soneno a chitara e cercà de fa in modo de sarvalli dala chitara, che la chitara è roba che se inizi a sonalla prima o poi finisce che te suiccidi. E inzomma noi volemo annà dentro a sti quartieri disidratati, sti quartieri depravati de roma, de sta roma bella ma anche de sta roma un po' così, sti quartieri che ponno esse, che te posso dì, Tor Scamarcio, Flamigno Mafia, Tor Tresette, Tor mignotta, Tor bella gnocca, nzomma roba de sti quartieri de sto tipo, che noantri conoscemmio bene perché semo gente che sta vicino ar giovane, tutte ste tori che prima ce stava na tore e adesso nun se sa perché c'è rimasta solo a monnezza e a gente che se vole suiccidà.

E nzomma volemo fa in modo che er giovane se sarvi da tutta na serie de brutte pieghe dea società dii magnaccioni, cose de sonà a chitara, de beve l'aperitivo a frascati e de magnà a porchetta de Sattana.

E insomma, per esempio, sti giovani che fanno ste cose, ste messe nere, sti giovani che se incontreno nei boschi e fanno e messe nere, noi li volemo tirà fori dai boschi e riportalli nee chiese, che ce sta spazio e ce stanno pure tutti i ngredienti pe fa na messa de quarsiasi colore, che poi se manca n'abbacchio da spennà se compra ar mercato a matina, basta che nun annate nei boschi che poi va a finì che accennete un foco pe' sacrificà st'abbacchio e se brucia tutto.

Venite pure voi all'interno de sta situazione, de sta comunità de gente de noantri che se chiama Avanti Cristo, che già dar nome se capisce che semo gente che guarda ar futuro, ma con cristianità.