tag:blogger.com,1999:blog-303610562024-03-25T07:10:14.714+01:00Café absurdun libroDomhir Muñutihttp://www.blogger.com/profile/01896637609779928168noreply@blogger.comBlogger427125tag:blogger.com,1999:blog-30361056.post-42673044714397396172018-08-27T23:38:00.000+02:002018-08-27T23:38:04.076+02:00nonostante un controllo parentale un po' grottesco e orwelliano, dal computer al lavoro posso accedere al blog, e mi sembra non dico un segno, ma insomma una buona scusa e occasione per rimettermi a strimpellare con le parole.<br />
ai più disattenti e a quella sparuta minoranza che non abbia seguito i miei gloriosi diari passati, ho un avvertimento da dare: non uso le maiuscole. non lo faccio per sembrare più interessante, in realtà dipende dall'abitudine a word e programmi affini, in cui le maiuscole dopo i punti e gli a capo vengono fuori da sole. nell'editor di blogger questo non accade e io sono troppo pigro per correggere un riflesso che tra l'altro è residuo degli anni dell'università, i quali, si sa, sono come una seconda adolescenza. un'adolescenza di sughero, anziché d'argilla com'è invece la prima.<br />
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è buffo constatare che ogni volta che mi metto a scrivere lo faccio più per noia che per necessità. mi sono sempre sforzato di trovare validi argomenti ma, vuoi per la mia innata incapacità di organizzare i pensieri, vuoi per il piacere di sparare cazzate, gli sforzi hanno sempre, finora, ceduto prima o poi il passo all'improvvisazione.<br />
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il foglio bianco non è però uno scivolo, che ti ci siedi, ti dai la spintarella e via. è più una collinetta erbosa e sconnessa da cui ti lasci rotolare come un bambino un po' stupido in gita alla selva di Paliano (qui per esempio la maiuscola ci va, perché non tutti conoscono Paliano; avessi scritto coca cola, avrei scritto coca cola). come i bambini che si rotolano giù per il pendio, dicevo, e se non stai attento ti fai male al polso, al costato, al ginocchio.<br />
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oh, l'introduzione è terminata, quindi posso parlarvi finalmente del vero motivo per cui oggi vengo finalmente alle mani col mio storico, glorioso blog dopo chissà quanti anni. nemmeno troppi per la verità.<br />
il vero motivo, l'argomento di cui mi va di parlare è la conquista dello spazio. ora, è vero che ho un lavoro part time al museo delle scienze, ma francamente di astronavi, buchi neri e raggi gamma non me n'è mai fregato un cazzo. intendo invece parlare del nostro corpo, del mio, nell'atto di appropriarsi dello spazio che lo circonda e lo contiene. è un argomento delicato e complesso, che ha a che fare tanto con la deambulazione quanto con il consumo di droghe leggere.<br />
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stop.<br />
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<br />Domhir Muñutihttp://www.blogger.com/profile/01896637609779928168noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-30361056.post-52534838732866219302014-01-12T15:19:00.000+01:002014-01-12T15:21:12.617+01:00ma infatti<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://images2.corriereobjects.it/Primo_Piano/Tecnologia/gallery/2013/04/leika/leika/img_leika/leika_03_941-705_resize.jpg?v=20130422160800" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://images2.corriereobjects.it/Primo_Piano/Tecnologia/gallery/2013/04/leika/leika/img_leika/leika_03_941-705_resize.jpg?v=20130422160800" height="133" width="200" /></a></div>
A forza di cercare, qualcosa trovi. Cerchi di ripararti dal freddo e trovi denaro nella tasca del cappotto; denaro dello scorso anno, dello scorso inverno, che vale meno di prima, ma fa sempre piacere ritrovare denaro così, diciamo per caso. Sempre meglio che non ritrovarlo affatto. Cerchi di non uscire tardi, almeno oggi, ma trovi un buon motivo, e il motivo è che c'è una scarpa che non si sa che fine ha fatto. Cerchi la scarpa sotto al letto e trovi, che ne so, una scatola piena di foto. Cerchi foto tra le foto e trovi un biglietto da visita tutto ingiallito, con un indirizzo. E allora cerchi una strada e però trovi una piazza, una bella piazza, col mercato e tutto, piena di gente e di sole, pochi turisti. E tra la folla cerchi una persona ma ecco che qualcuno ti bussa su una spalla, e non è la persona che cercavi, ma ci metti niente a capire che alla fine va bene lo stesso, che è pure meglio così.Domhir Muñutihttp://www.blogger.com/profile/01896637609779928168noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-30361056.post-44743158975583040162014-01-12T15:14:00.000+01:002014-01-12T15:22:31.780+01:00nicce che dicce<a href="http://www.trafic-amenage.com/forum/images/uploads/PHM999/1158255516_talento.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://www.trafic-amenage.com/forum/images/uploads/PHM999/1158255516_talento.jpg" height="243" width="320" /></a>oggi mi è capitato di nuovo nietzsche. io non ne so niente, non ne saprò mai niente, di nietzsche. ma a volte leggi frasi che sembrano scritte per te, e oggi era una di quelle frasi. cito scandalosamente a memoria: quando scema il talento uno si rivela per quello che è, e non conta più quello che può.<br />
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bello.</div>
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era la frase che volevo. l'ho ricordata nel peggior modo possibile, ma quello che conta è il senso, e io l'ho capito, ce l'ho.</div>
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carmelo bene invece dice: il talento fa quello che vuole, il genio fa quello che può.</div>
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le due frasi cozzano in modo evidente. e poi quella di Bene no, non la capisco quanto l'altra. sono d'accordo, ma la capisco meno dell'altra. non la sento. forse perché del genio ho sempre avuto la mancanza di talento.</div>
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io faccio meno di quello che posso, di solito. faccio meno di quello che devo. e voglio meno di quello che faccio. ma desidero moooolto più di quello che voglio. ottengo la metà di quello che desidero. devo almeno quello che ottengo. posso quel che devo nella misura in cui desidero quello che ho.</div>
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il punto poi è sempre lo stesso. desiderare quello che si ha. dicono sia il segreto della felicità ma io ritengo che il segreto della felicità sia volere quel che si desidera.</div>
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Domhir Muñutihttp://www.blogger.com/profile/01896637609779928168noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-30361056.post-80905165927917706952009-02-06T14:47:00.004+01:002009-02-07T15:06:22.007+01:00<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhkYlZuqt9rPvwG4afq8Szr6BVAusq697O7RSwBgpY5X1ARoUcTOkcJyP5RXqQLl34k6R7BuK9NKhLvQFRofXXNWgSchAV-CaedV5kg9ojVaaJHLh9FFVPRB_vXAa6BG9s3gV9g/s1600-h/gate.jpg"><img style="cursor: pointer; width: 314px; height: 400px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhkYlZuqt9rPvwG4afq8Szr6BVAusq697O7RSwBgpY5X1ARoUcTOkcJyP5RXqQLl34k6R7BuK9NKhLvQFRofXXNWgSchAV-CaedV5kg9ojVaaJHLh9FFVPRB_vXAa6BG9s3gV9g/s400/gate.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5299710037673036306" border="0" /></a><br /><br />non è il caso di rifletterci troppo.<br />café absurd tira giù la saracinesca.<br /><br />in questi anni ho visto chiudere altre botteghe, qui intorno. almeno un paio.<br />non so esattamente cosa abbia spinto quei miei colleghi ad annichilire in un colpo anni interi di memorie, riflessioni, confessioni, consigli, guizzi creativi ed errori. (e gli errori poi, a mio avviso, sono uno tra gli aspetti più interessanti in un blog: gli errori di ortografia, di grammatica, di digitazione, i peccati di presunzione, i giudizi affrettati, le clamorose cadute in contraddizione. vado a spiegarmi meglio.) so però cosa spinge me a chiudere café absurd.<br /><br />precisazione: io blocco il cancello ma non cancello il blog. il blog resterà qui dove si trova -fino a che il provider me lo consentirà- come un archivio, un museo, una mostra fotografica, un libro. e, come la gran parte dei libri, sarà un libro fermo, un libro che s'è evoluto sino a che qualcuno non ha deciso di metterci un punto. dopodiché ha smesso di evolversi, s'è fermato, s'è impaginato, stampato, eccetera. potrà evolvere nelle teste dei lettori e rilettori più avveduti, intelligenti e vivaci. chi vuole scavalcare il cancello può farlo.<br /><br />la ragione della chiusura è che <span style="font-weight: bold; font-style: italic;">café absurd</span> è diventato -in effetti- <span style="font-weight: bold;">un libro</span>, un libro di carta, con tanto di copertina.<br />e quel libro l'ho ricevuto in regalo, da una persona preziosa, la cui incredibile fantasiosa concretezza ha superato l'immaginazione poltrona del sottoscritto. mi sono riletto per l'ennesima volta. ma sulla carta le parole hanno uno spessore diverso. e gli errori, quelli sì che servono, quelli sì che ti danno la misura di quanto hai imparato e quanto invece non hai imparato e non imparerai mai.<br /><br />arrivederci a tutti. il mio stupido ingegno andrà a far danni altrove. non vi dico dove, chi vorrà trovarmi saprà come fare.<br /><br />vado a spiegarmi meglioDomhir Muñutihttp://www.blogger.com/profile/01896637609779928168noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-30361056.post-72337278822398995152009-02-03T16:05:00.002+01:002009-02-03T16:09:11.793+01:00<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhGRZfexeS-A01lNE8xtfPKO4p-rE3_izx5jGEAh8Jih1H8z4FGzWlfDj_gqAtVjmpHdOzyTOYpmNN8rb81WQnCGKvHgEZNoetij2KeDsRcR7iGhC6t9sBHgVNxJ0wCFxTJ8Ozq/s1600-h/2rcbb61.jpg"><img style="cursor: pointer; width: 376px; height: 400px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhGRZfexeS-A01lNE8xtfPKO4p-rE3_izx5jGEAh8Jih1H8z4FGzWlfDj_gqAtVjmpHdOzyTOYpmNN8rb81WQnCGKvHgEZNoetij2KeDsRcR7iGhC6t9sBHgVNxJ0wCFxTJ8Ozq/s400/2rcbb61.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5298587681189504738" border="0" /></a><br /><div>non ti è mai stato facile scrivere, e questo è un fatto. ma non stare sempre lì a farlo notare a tutti; non è sempre detto -come qualcuno vuol credere- che il miglior modo di nascondersi sia palesarsi.<br /></div><br /><div>chissà perché, poi, ti ingegni tanto a fare quello che non ti compete e non ti spetta. e aitor ibanez, una volta, t'ha detto: io e te siamo di quelli che vanno per la strada più lunga. sei così.<br />e -aggiungo io- diciamoci la verità: a te ti piace, essere così. ovvio, non è come a sedici anni, che la tua strada era diritta e indossavi abiti profondi, e scioglievi le lunghissime chiome tra due dita, e ogni tanto facevi ascoltare una tua canzone a qualcuno, e sul diario, perlopiù raso, come la tua faccia d'eunuco, facevi il verso a foscolo, ma sfogliare un libro ti rendeva nervoso. il punto è che certi nodi sono sopravvissuti al taglio dei capelli, ecco.<br />non è come a diciotto, che hai deciso di mettere tutto in questione, e dai nodi -e dalle corde- sei passato alle strette e alle bacchette. via tutto, via i capelli, via la diritta via.<br />si dice però che a chi venga amputato un arto rimanga la coscienza di averlo. e -aggiungo io- chi perde l'orientamento ha la nitida sensazione di starsi orientando secondo una legge diversa, secondo una bussola complessa, con tanti cardini quanti sono i punti dello spazio in ogni sua dimensione. va detto ad onor del vero che i capelli non sono un arto, ma questo non è che un vantaggio: i capelli ricresceranno, cosicché quei nodi sopravvissuti al taglio saranno finalmente sciolti.<br /><br />dieci stoici scalciano un pallone sotto la pioggia battente. cinque contro, cinque contro. d'altronde ieri si diceva, con tale stelvio masone, che il mondo -ma questo era il parer mio-, il mondo, dicevo, non è fatto di forze contrapposte, ma di forze e basta. le quali talora, tutto al più, hanno semmai buon gioco sulle debolezze, e non cattivo gioco su altre forze.<br />il masone se n'è uscito allora con la "metachimica". e lì il mio libro mentale s'è chiuso.<br />dieci stoici scalciano un pallone sotto la pioggia battente, vorrei essere tra loro, ma senza correre e senza bagnarmi, senza cambiarmi d'abito e senza alzare il culo da questa sedia, e senza distrarre le dita dalla tastiera.<br /></div><br /><div>l'ho detto sempre, io, la tua era una strada dritta. ma chissà, magari se l'avessi imboccata saresti finito in culo al bosco, nel nero indistinto, nell'umore fracico, tra mille braccia brivide d'insetto. o avresti fatto la fine del lupo, spanzato dal primo bracconiere, con la scusa, o l'accusa, della bambina sparita. e invece sei andato un po' a cazzo di cane, sei uscito dai confini della favella, ti sei sperso per altri boschi, hai incontrato un tipo che smarriva molliche o sassi, due fratellini che facevano merenda in casa di streghe, una fanciulla che sonnecchiava tra le fronde verdi, una mela morsa accanto al cadavere di un'altra fanciulla che aveva tutta l'aria di essere solo svenuta.<br />qualche giorno fa hai ascoltato il discorso di un tipo, uno con la testa a posto e un conto in banca di un certo livello. e a un certo punto il tipo ha detto: i puntini li unisci dopo, non prima. i sassolini, hai voglia a smarrirli passo passo nella speranza di ritrovare la strada di casa. la strada di casa, comunque vada, sta davanti. capace che ti tocca fare il giro del mondo, per tornarci. ma ovunque ti trovi, di casa ti resta l'odore e la memoria. e allora in vita tua ti accadrà talora di riconoscere casa in un colpo di vento, in un angolo di strada, in un falafel, in un tramonto, in un biglietto aereo, in uno sguardo, in un temporale, in un libro di kipling, in un quotidiano di ieri, in un paio di scarpe nuove, in un paio di scarpe vecchie, in uno strumento musicale, in uno specchio, in una voce, in un sogno, in un brano di musica contemporanea (questo è raro).<br /><br />e a te sembrerà di aver sempre saputo come sarebbero andate le cose. al di là delle paure, delle speranze, degli imprevisti, dei tentativi, delle velleità, delle viltà. hai sempre saputo che il sogno, l'arte e la vita sono tre persone che abitano la stessa casa e non si incontrano mai.<br /></div>Domhir Muñutihttp://www.blogger.com/profile/01896637609779928168noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-30361056.post-3359435098662935242009-01-05T01:25:00.002+01:002009-01-05T01:34:46.249+01:00ho appena comprato un cappello<div>a piccole falde, colore lillà</div><div>la sciarpa che indosso era quella più calda</div><div>di tutto il bazzà delle sciarpe</div><div>la giacca è già vecchia ma è sempre un bel manto</div><div>mi vanno un po' stretti i calzoni</div><div>mi manca soltanto un bel paio di comode scarpe</div><div>magari marroni</div>Domhir Muñutihttp://www.blogger.com/profile/01896637609779928168noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-30361056.post-60035261524146625452008-12-30T00:06:00.003+01:002008-12-30T00:29:59.527+01:00<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj9plHZ_-1CeJSqKGLtTpj2t_hph9J5sUKVyLL5rs_4s632xdrmH30oewHiytd0NDRoVjuiK_Ib9F_ncODW8fL2r5SE0ydBo3nJiWvEMImKdfQRQB0w1nx1kLkpsHjWcC4c1IOA/s1600-h/libro-fiabe.jpg"><img style="cursor: pointer; width: 300px; height: 300px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj9plHZ_-1CeJSqKGLtTpj2t_hph9J5sUKVyLL5rs_4s632xdrmH30oewHiytd0NDRoVjuiK_Ib9F_ncODW8fL2r5SE0ydBo3nJiWvEMImKdfQRQB0w1nx1kLkpsHjWcC4c1IOA/s400/libro-fiabe.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5285358188151875698" border="0" /></a><br /><span style="font-style: italic;">un bouquet di poesiole che ho scritto oggi al lavoro, di getto.<br />dedicato a R. con le babbucce nuove.<br /></span><br />1.<br />i frutti più gonfi li ho visti nei sogni<br />stagliarsi nel cielo verdastro<br />per fare un esempio, una volta<br />dai rami più alti pendevano<br />(ognuna appesa ad un nastro)<br />le mele cotogne<br />allunghi la mano (nel sogno si può)<br />e cogli quel pasto dolciastro<br />la buccia sottile (nel sogno), laccata di giallo e marrò<br />le polpe scoperte dai denti<br />che rari argomenti, le frutte dei sogni<br />compagne di ogni meriggio tra gli alberi sfitti<br />di questa terrazza nel sole e nell'aria<br />di là dal podere un po' cotto di nonna Maria.<br />ma altro che sfitti!<br />mi ciocca del giardo il custode<br />arriva e mi fiocca di colpi di nocche<br />sugli occhi: "Va' via!<br />le frutte degli altri non devi leccare,<br />va' fuori dall'orto dei sogni o ti faccio svegliare!"<br /><br />2.<br />stavolta calpesto le pietre più grosse<br />i sassi li scalcio di punta<br />bisunta, rindosso la felpa da santo pittore<br />sdrucito, rimescolo crosta per crosta<br />quel quadro sfinito<br />ci conto: a furia di merda ritorna il candore<br /><br />3.<br />rinarro le mille favelle del giardo<br />del verde ramarro, di foglie arruzzate<br />di stagni e vapori di zolfo e di menta<br />di bianchi ruscelli spumosi, di corse azzurrate<br />e gli alberi neri coi rami che fanno una rete<br />e impigliano uccelli, e gli insetti, e le faune segrete<br />rinarro perché non si penta<br />nemmeno il picciuolo del frutto minore<br />dei tanti che un tempo ho mangiato.<br />le mille favelle del giardo<br />ricordo. ricordo le ore<br />calcate in quelle strade belle<br />del giardo sognato.<br /><br />4.<br />le tazze sfornate da poco<br />l'anziano ceramico ammira<br />scrostandosi un fregio di grasso catarro dal gozzo<br />si gira e ricerca il colore più adatto<br />tra mille pimenti ordinati un po' a cazzo<br />chissà che colore lo ispira<br />domani ritorna le tazze sul fuoco<br />chissà di che tono le adorna<br />perché non possiamo<br />restare presenti sul posto<br />finché non le inforna?<br /><br />5.<br />ci sono rimasto di stucco<br />domenica al Nido del Ragno<br />vallette di tango la davano a tutti<br />e dalle terrazze, sui guitti<br />piovevano tazze di mate guasto<br />le donne svelate del trucco fuggivano al bagno<br />a risistemarsi le frange<br />chiedendosi l'una con l'altra: "Che bevi? Non bevi?"<br />e tu ci ridevi da piangere.<br />gli uomini, riabituati ad usare le dita,<br />sfilavano - pollice e indice - dall'anulare<br />gioielli di fatta proibita<br />per gioie di fatto proibite da riconquistare.<br />ma io non mi sono lasciato incantare<br />da tanta stordita moina<br />per te quella sera<br />(che quando tornammo era quasi mattina)<br />ho fatto i biscotti con l'olio di cocco<br />e la marmellata di peraDomhir Muñutihttp://www.blogger.com/profile/01896637609779928168noreply@blogger.com9tag:blogger.com,1999:blog-30361056.post-43570726288720243232008-12-21T12:24:00.002+01:002008-12-21T14:29:42.979+01:00<a href="http://surrealisti.blogspot.com"><span style="font-weight: bold;font-size:180%;" >Lo so</span></a>, sono monotematico. qualsiasi scrivano lo è. uno può ampliare lo spettro del buon argomento che ha scelto, ma alla fine dei conti si parla, tutti, sempre della stessa cosa. ciascuno della sua. c'è chi sa dissimulare, celare il nòcciolo duro sotto polpe sempre nuove, ma non c'è argomento che non sia "lo stesso". <span style="font-weight: bold;">nessuno </span>sa parlare d'<span style="font-weight: bold;">altro</span>.<br />e allora io parlo del sonno.<br />stavolta la riflessione è questa (e non escludo che lo spunto di oggi sia stato da me proposto in passato, su questi schermi): "sonno" è una parola che designa, in un certo qual modo, una cosa e il suo contrario: dormire e non dormire. si ha sonno se e quando si desidera dormire e non si dorme ancora oppure si ha sonno se si è svegli dopo aver dormito (poco). e quando si dorme si è nel sonno.<br />questo frizzo semantico sbraga la strada a una serie di giochetti che più ne hai e più ne metti. ma a noi (a me) questo interessa poco. quel che interessa è sostanzialmente un altro fatto: quanto più corto è il sonno, tanto maggiore sarà il sonno.<br />ma ecco che, pensando al viceversa, imprevedibilmente arriva un'onda tutt'altro che anomala a spazzar via il mio lecca lecca quotidiano: più sonno si consuma, meno sonno si ha. in questo caso tutto quadra.<br />che palle.Domhir Muñutihttp://www.blogger.com/profile/01896637609779928168noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-30361056.post-30960471256699889482008-12-14T09:36:00.006+01:002008-12-14T12:28:12.114+01:00<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEirzSVm2e9otuBGkr8cnT8C9GiPOiQw3vto7f206ArJjwO469WBBDFmCUX3P0KFQs58L50izrTGmmMv6Ww63ti7sVLBAlvKues1dNQB2M1IHwwBuwJW1S-gdcKGPyQkBEZ63YqC/s1600-h/756f0c85a212965e3820d7f7659db398.png"><img style="cursor: pointer; width: 186px; height: 47px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEirzSVm2e9otuBGkr8cnT8C9GiPOiQw3vto7f206ArJjwO469WBBDFmCUX3P0KFQs58L50izrTGmmMv6Ww63ti7sVLBAlvKues1dNQB2M1IHwwBuwJW1S-gdcKGPyQkBEZ63YqC/s400/756f0c85a212965e3820d7f7659db398.png" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5279597307277430642" border="0" /></a><br /><span style="font-weight: bold; font-style: italic;">ma che ne so...</span><br /><br />sto leggendo Elianto, dopo anni d'acquolinica ammirazione per la copertina. mi attraggono anche quelle di Allende, ma non ho letto mai niente di lei. Benni l'ho conosciuto altrove, nel <span style="font-style: italic;">Bar sotto il mare</span> e in <span style="font-style: italic;">Terra!</span>, eppure mi ha nuovamente sorpreso.<br />eh, sono belle le parole, ma la copertina (materiali, forme, dimensioni, colori, font) in genere è metà del valore di un libro.<br />da anni mi esercito con la scrittura - ben riconoscendomi limiti impietosi - quasi solo per questo: per darmi una chance in più di vedermi stampato nomeccognome su un tascabile, di marca Einaudi, Bompiani, Feltrinelli, in ordine di preferenza, senza disdegnare affatto Mondadori (altrimenti, uno, qui, tra<span style="font-style: italic;"> idiologie</span> ed<span style="font-style: italic;"> equosolidame</span>, non sa più come muoversi, e di questo parleremo tra poco). certo, se poi mi tocca un Newton&Compton, oh, va bene lo stesso.<br />ma la riflessione è tutta un'altra.<br />stanno sparendo le terre di mezzo. agonizza la promiscuità di segni e materiali eterogenei che per decenni ha informato l'era del post. sbiadisce l'insegna al neon del ristorante brasiliano sulla statale cassia bis, roma-viterbo.<br />e non si tratta di crisi di identità, è tutto il contrario: è la fine del métissage.<br />c'è il bisogno endogeno ed epidermico di nuovi classici, di parole scritte tra oggi e domani che sappiano durare in eterno. anche nella musica, c'è un collasso concavo, vertiginoso, c'è Gauss rovesciato, tra sperimentazione e spegnimento: da un lato la frenesia el-etnonica, la diarrea della diversità ad oltranza; dall'altro la costipazione videofoninica. la differenza tra già detto e non detto è irrilevante.<br />sto dipingendo scenari manichei, lo so, e non è giusto, lo so. ma dev'esserci la fede nell'urgenza del fuoco e del marmo. c'è ri-bisogno che dio parli con gli artisti del mondo e li metta in riga, bisogna mettere a pizzo un gruzzolo per i posteri. un'eredità onesta, magari non cospicua, ma equilibrata, giusta di sale.<br />che figura ci facciamo, altrimenti? ci sono in giro menti vive, capaci di interpretare la <span style="font-style: italic;">laide époque</span> e di far fiorire l'universo. ma devono interpretare senza irridere, riparandosi dalla tentazione di distruggere, iniziando a parlare un linguaggio serio, fondato tanto sull'entusiasmo e l'azione quanto sul ragionamento e la pausa. altrimenti si strapiomba lì, tra flusso e riflusso.<br /><br />onestamente non so più cos'è ciò di cui parlo. via via la scrittura ha cancellato l'idea.<br />il problema è sempre lo stesso, non so che dire ma lo dico. è colpa di quelli come me se non succede più niente.Domhir Muñutihttp://www.blogger.com/profile/01896637609779928168noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-30361056.post-64787679582378514142008-12-12T16:14:00.003+01:002008-12-14T12:29:35.015+01:00<span style="font-style: italic;"><span style="font-weight: bold;"></span></span>E poi questo poeta qui, inutile ma tutto sommato scrocchierello.<br /><br /><br />la bell'alba dell'Idei dal tamburo<br />mi sorprese un bel giorno senza feste<br />lastima! chi da qui ne fa le spense<br />spanse come tovaglie in pompa massima<br />sozze non più di rosso ma del bianco<br />di quanti mai mozzassero le teste.<br />mozzo sarò di corte per chi spia<br />chiedo restare dietro al mio fondale<br />stanco, come la neve ch'ammalìa<br />male ch'a l'onda vada indrio ma lascia<br />la scia com'è normale. ed io mi scaglio,<br />quanto la nave mia che mi trasborda,<br />lo scoglio in faccia e svengo rotto ratto.<br /><br />scocca del re caduto da cavallo<br />l'ora. del tè domani l'armatura<br />lucida come zecca la conìa<br />del me 'vantieri l'orda mi toccò<br />pèrduti nei sentieri dal profumo<br />delle follìe seccate per fumare<br />presto di poi ruolate in cigarìe<br />di cioccolate, di licore succo,<br />di frutti incastonati, di candito,<br />ebbro mi rifilai le mani a stucco.<br />pasto di porri, laute cicorìe<br />meno che meno quando tira forte<br />il vento tra le foglie mistomorte<br />verdemarronegiallorossamenti.<br /><br />mazzo sarò di carte per chi spaia<br />gl'assi scoperti, spiego a te le rule<br />metti che poi domani mi dimenti<br />come già fe' per lo scacché la dama<br />eccoti dunque la combinazione<br />scaricola d'emule senza danno<br />se non l'industarìa del che si balla<br />si scolta e si toccà, dice l'iberio<br />si gioca pe'l francioso e'l biritanno<br />dalla bocca si leva come un canto<br />senza comparizione, benpensando<br />mezzo sarò di certo per chi spende<br />l'ore leggendo loro, mie leggende.<br /><br />(Tommaso Piscaturi, <span style="font-style: italic;">Fiabe dell'inverno</span>, Castelmadama, Roma 2008, pp. 209-210)Domhir Muñutihttp://www.blogger.com/profile/01896637609779928168noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-30361056.post-78274757262638352472008-12-11T14:50:00.005+01:002008-12-11T19:15:09.915+01:00<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgb9zL3LGpTCIuF_aMYhGSFi6b27rL9r_S8r6U_Sg3qD5OtTTnmB1Od5-CzDX3ferP7Koy0GhrN5phFbKt5vuebSI4X4EnU1NoTntbD5-dUEnbmn1giktR0NIh8nSbpzFin22zE/s1600-h/bohOK.jpg"><img style="cursor: pointer; width: 400px; height: 400px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgb9zL3LGpTCIuF_aMYhGSFi6b27rL9r_S8r6U_Sg3qD5OtTTnmB1Od5-CzDX3ferP7Koy0GhrN5phFbKt5vuebSI4X4EnU1NoTntbD5-dUEnbmn1giktR0NIh8nSbpzFin22zE/s400/bohOK.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5278567703883556466" border="0" /></a><br /><span style="font-style: italic;"><br />Parmaij jubìptohen tdistcerebeltarmuf dahmnahl te'tzschin um isjinz'ò gàbpoux 'zcaripaule uwrìt.</span><span style="font-style: italic;"> Né en cuwte kghi aleyumuf, Ijo spyruoch, gwant daumoinash caudohen Ijo.<br /><br /></span>("Dovrò accettare il fatto di essere uno scrittore senz'a capo. Goda, chi mi legge, del fatto che a me piace così." Filaumuhn Matzha, <span style="font-style: italic;">Keshennaraunm besaksariaijs</span>, Adatsunjeh Fpoleiruubhe, Kgubuij-Mailatzsch 1997, pp. 134-135)<br /><br />Ho scoperto questo scrittore melascese, Philemon Matta (traslitterazione fonetica di Filaumuhn Matzha) e devo dire che mi incuriosisce. Per anni mi sono occupato di lettere usate, senza sapere che c'è chi lo fa da molto prima di me. Non so dire se gli esiti raggiuti da Matzha siano superiori ai miei, giudicate voi.<br /><br />"ma ecco che nel dirlo un lapillo di confettura d'albicocca mi trapassa la coscia nuda, traendomi d'istante dall'impaccio di una trans-linguistica a metà tra speculativo e testa da vetrina di barbiere. odio, del microonde, questo: che il compatto resta tiepido e il fluido diventa incandescente. un morso nel tepore falso della pasta d'intorno, ed ecco fioccare quel brillocco di fruttapassa, giù sino alla prima pelle che gli si parannanza. pazienza.<br />l'onnivoria convulsa non mi scampa quasi mai -terminato il pranzo- dal ripassare entro quel breve palcoscenico il cornetto ripieno di ieri, sovrappiù del locale per colazioni che detengono i miei familiari. a tutta prima avrei preferito, è ovvio, un cornetto ripieno di domani.<br />ma ci penso e penso che il domani, a vederlo oggi, ad assaggiarlo oggi, sarebbe per forza posmarcio, <span style="font-style: italic;">fati</span>sc<span style="font-style: italic;"><span style="font-style: italic;"></span></span>(<span style="font-style: italic;"><span style="font-style: italic;"></span>i</span>)ente (ovvero sciente il fato), antecrepito, sublime. mica acerbo, no: l'acerbo è nel presente presente. è il domani portato a oggi che invece, ahimé, marcescisce. come il latte dimenticato fuori dal frigo.<br />cioè, mi spiego: immagino che se, oggi, fossimo possibilitati a vedere il domani, l'orrore ci arrecherebbe molto danno. come (e un po' diversamente da come) accade in Sogno, che è il solo posto dove siamo in grado di vederci, vedere noi stessi, altro che Specchio. ma il Sogno è un luogo protetto, una stanza dalle mura soffuse.<br />in Ispecchio c'è un problema tattico, che è la prospettiva binoculare, è cioè il fatto che non può, lo sguardo, vedersi. Nel sogno, dicevo ieri alla mia <span style="font-style: italic;">shrink</span>, ho visto, da bambino, confondermi con altri, altri che di solito erano familiari, parenti stretti, madri, diciamo, madri di sesso femminile: mia madre, per intenderci.<br />mi si perdoni il tono centrifugo, ma ci sono casi -non rari per quanto mi riguarda- in cui vuoi dire a tutti i costi qualcosa, anche se non sai qual cosa.<br />e quindi, se tanto mi dà tanto, lo specchio è una finestra sul domani odierno, del cui per sorte non possiamo vedere niente se non il contorno dello sguardo. ché, io dico, se vedessimo il nostro sguardo, ecco che all'improvviso saremmo, non dico morti, ma feriti per sempre.<br />almeno sino a che un lapillo di marmellata di arance non ci trapassi, che so, l'alluce destro."Domhir Muñutihttp://www.blogger.com/profile/01896637609779928168noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-30361056.post-58080244385345955052008-12-08T18:46:00.003+01:002008-12-08T19:37:24.838+01:00<span style="font-style: italic;">bartleby e compagnia</span> è un libro davvero brutto. parlo della versione italiana. mi chiedo se la scrittura incerta e il tono puerile vadano imputati al traduttore, o se vila-matas sia proprio uno scrittore da quattro soldi. il libro si dichiara "diario di note a fondo pagina". mi avrebbe forse appassionato di più se davvero quelle note fossero apparse in calce alle pagine intonse, a sberleffo della deforestazione del sudamerica tutto. e invece no, in apparenza è un libro normale, con le pagine coperte di parole. in sostanza è un po' una chiavica di libro.<br />insomma, vila-matas passa in rassegna un certo numero di scrittori che, per una ragione o l'altra, non hanno scritto una sola riga in vita loro o hanno smesso di scrivere di punto in bianco, oppure<br />..<br />alcuni dei personaggi coinvolti sono veri, altri invece non lo sono, e hanno nomi che puzzano di falso a 20.000 leghe di distanza.<br />ma poi gli aneddoti: stupidi. zero coinvolgimento, buh, noia mortale. l'ho abbandonato, basta, soldi buttati.<br />in castigliano sarebbe diverso, ne sono quasi certo. mi sembra tuttavia che qualcosa non vada, al di là del tono. e dire che il tema mi ispirava, da aspirante aspirante aspirante scrittore inetto e sterile quale vorrei forse essere, chissà, un giorno, hai visto mai.<br />mi ritufferò in un'esperienza più seria, abbandonata qualche mese fa per via della tesi, <span style="font-style: italic;">il misterioso intermediario</span>, di fasanella e rocca, libro sul ruolo di markevic - direttore d'orchestra talentuoso e cosmopolita - nel caso moro.<br />forse un giorno riprenderò in mano <span style="font-style: italic;">les fleurs bleues </span>di queneau, in francese. lo inziai a parigi nell'autunno del 2005, non ci capii un cazzo sin da subito, lo abbandonai nel giro di qualche settimana. tutt'ora, credo, mi mancano gli strumenti. vedremo.<br />basta.Domhir Muñutihttp://www.blogger.com/profile/01896637609779928168noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-30361056.post-14016726971767167352008-12-05T19:28:00.001+01:002008-12-05T19:28:50.396+01:00<p><strong>Liberté</strong></p> <p>Sur mes cahiers d’écolier<br />Sur mon pupître et les arbres<br />Sur le sable sur la neige<br />J’écris ton nom</p> <p>Sur toutes les pages lues<br />Sur toutes les pages blanches<br />Pierre sang papier ou cendre<br />J’écris ton nom</p> <p>Sur les images dorées<br />Sur les armes des guerriers<br />Sur la couronne des rois<br />J’écris ton nom</p> <p>Sur la jungle et le désert<br />Sur les nids sur les genêts<br />Sur l’écho de mon enfance<br />J’écris ton nom</p> <p>Sur les merveilles des nuits<br />Sur le pain blanc des journées<br />Sur les saisons fiancées<br />J’écris ton nom</p> <p>Sur tous mes chiffons d’azur<br />Sur l’étang soleil moisi<br />Sur le lac lune vivante<br />J’écris ton nom</p> <p>Sur les champs sur l’horizon<br />Sur les ailes des oiseaux<br />Et sur le moulin des ombres<br />J’écris ton nom</p> <p>Sur chaque bouffée d’aurore<br />Sur la mer sur les bateaux<br />Sur la montagne démente<br />J’écris ton nom</p> <p>Sur la mousse des nuages<br />Sur les sueurs de l’orage<br />Sur la pluie épaisse et fade<br />J’écris ton nom</p> <p>Sur les formes scintillantes<br />Sur les cloches des couleurs<br />Sur la vérité physique<br />J’écris ton nom</p> <p>Sur les sentiers éveillés<br />Sur les routes déployées<br />Sur les places qui débordent<br />J’écris ton nom</p> <p>Sur la lampe qui s’allume<br />Sur la lampe qui s’éteint<br />Sur mes maisons réunies<br />J’écris ton nom</p> <p>Sur le fruit coupé en deux<br />Du miroir et de ma chambre<br />Sur mon lit coquille vide<br />J’écris ton nom</p> <p>Sur mon chien gourmand et tendre<br />Sur ses oreilles dressées<br />Sur sa patte maladroite<br />J’écris ton nom</p> <p>Sur le tremplin de ma porte<br />Sur les objets familiers<br />Sur le flot du feu béni<br />J’écris ton nom</p> <p>Sur toute chair accordée<br />Sur le front de mes amis<br />Sur chaque main qui se tend<br />J’écris ton nom</p> <p>Sur la vitre des surprises<br />Sur les lèvres attentives<br />Bien au-dessus du silence<br />J’écris ton nom</p> <p>Sur mes refuges détruits<br />Sur mes phares écroulés<br />Sur les murs de mon ennui<br />J’écris ton nom</p> <p>Sur l’absence sans désirs<br />Sur la solitude nue<br />Sur les marches de la mort<br />J’écris ton nom</p> <p>Sur la santé revenue<br />Sur le risque disparu<br />Sur l’espoir sans souvenirs<br />J’écris ton nom</p> <p>Et par le pouvoir d’un mot<br />Je recommence ma vie<br />Je suis né pour te connaître<br />Pour te nommer</p> <p>Liberté.</p>Domhir Muñutihttp://www.blogger.com/profile/01896637609779928168noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-30361056.post-6880133155775901502008-12-02T00:03:00.001+01:002008-12-02T00:05:27.931+01:00<span style="color:#000000;">Forse ho dormito troppo</span><br /><span style="color:#000000;">mi sono svegliata con la pelle piena di stelle.</span><br /><span style="color:#000000;"></span><br /><span style="color:#000000;"><em>(P. Laquidara)</em></span>Unknownnoreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-30361056.post-83308127729945917582008-11-26T07:43:00.001+01:002008-11-26T07:43:39.280+01:00<object width="425" height="344"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/ILPzkze3RHw&hl=it&fs=1"></param><param name="allowFullScreen" value="true"></param><param name="allowscriptaccess" value="always"></param><embed src="http://www.youtube.com/v/ILPzkze3RHw&hl=it&fs=1" type="application/x-shockwave-flash" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true" width="425" height="344"></embed></object>Unknownnoreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-30361056.post-78331996716082893392008-11-24T05:16:00.003+01:002008-11-24T05:38:28.292+01:00Non c'e' altra situazione che tenga, sei Dali' affogato in succoso miele e rhum agricolo e l'ape che lo punse al meriggio. Raccolgo la carta rovesciata al suolo, e' un 3 di picche ... buono per l'avvicinarsi del viaggio ma non sicuro ancora del tuo girovita che si snellisce e che contrai per provocare le penombre dei muscoli addominali. Sei Pahlaniuk o come cazzo si scrive ma addobbato a nobile Lestadt che per carattere ed animo di antico vampiro non si sporca le mani.<br />E' questo il segreto del cammino erettile, come la rivista per i militari al fronte: brutti come V. Capossela ma seducenti come apprendisti in trincea pronti a tutto per una sigaretta.<br />E ora che Radio Luna non fa piu' il suo dovere con Cicciolina, allora la ritrovi a Barcellona mascherata da crepe farcita, e ti colpisce allo stomaco come una voce sola. La tua. La mia. Sono io il riflesso della mia stessa idea. Esco di corsa.<br />Cosi' Kasparov abbatteva il suo avversario: presentandosi con il suo padrone e nome.<br /><br />Brano tratto da "Palindromo eterno" di Giacinto D'Ortica, Edizioni Ortega, Paris, 1999. Trad. It. di Pino Abate.Unknownnoreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-30361056.post-25573161853317503262008-11-24T03:04:00.003+01:002008-11-24T03:40:16.349+01:00<a href="http://images.salon.com/news/feature/2007/06/01/intel_contractors/story.jpg"><img style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 300px; CURSOR: hand; HEIGHT: 300px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://images.salon.com/news/feature/2007/06/01/intel_contractors/story.jpg" border="0" /></a><br /><div>Se questo blog contiene caffeina, beh ... io saró un té al bergamotto.</div><div>La spia, la talpa, il doppiogiochista, l`invisibile, l`istrione.</div><div>Prima di tutto via i vizi tipo le sigarette e il caffè, poi un training costante da farti diventare degno della copertina di men`s health con addominali di cuoio imbottito e un braccio caterpillar. Poi una grande cultura, molta fantasia, immaginazione e un grande istinto per riconoscere i bisogni degli estranei.</div><div>Siamo in un epoca nuova, diversa, non si tratta piú di guerra fredda e dossiers privati ... ma bensí di una visione trasversale alle cose, di un gioco di ruolo in cui vinci se non hai padroni, e le qualitá necessarie non sono il kung fu o le tecniche di tortura ma la capacitá di adattarsi, di essere eclettico e proteiforme, di usare una tastiera coi tasti consumati in un ostello della gioventú e non commettere troppi errori di battitura, di saper tirare fuori l`apprendimento passivo, di sapere tutto giá senza pretendere di capirlo. Si tratta di sognare con la coscienza di farlo anche durante la veglia e capire che la mente conosce il rischio ma non la morte. La mente si ferma a quell`istante prima, a quel pizzico di dolore all`ultimo istante sensibile.</div><div>Oggi un`agente segreto deve aver conosciuto la pazzia del visionario, il dolore del tradimento e la trance dell`arte surrealista. Per tornare dal suo aldilá privato deve essere come il rabdomante nel deserto delle sue emozioni, un Freud che gioca a scacchi con Jung, le tre scimmie, Nietzsche e Zarathustra, una mente pericolosa e un cuore di leone.</div><div>Per cominciare tutto inizió con un diario di viaggio e un nickname. Una manciata di passi. Un té al bergamotto in cui versare del latte freddo.</div><div> </div><div>Xavier Barcino</div><div> </div><div> </div>Unknownnoreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-30361056.post-5608000541190952802008-11-23T16:12:00.003+01:002008-11-23T17:17:58.891+01:00sento che questo blog sta per dire qualcosa di nuovo e diverso. diverso da che, poi, non è dato sapere. tutto è diverso da tutto.<br />ad ogni modo, 2 anni e mezzo orsono, il blog nasceva dalla mia esigenza di strappare/stappare una penna interiore e incalamaiarla nei sentimenti più urgenti del mio Me. le malcelate velleità romanzesche hanno ben presto ceduto il passo a un impressionismo espressionista, a un frenetico rimbalzare del fuori nel dentro e del dentro nel nulla, all'illusoria intimità della ribalta invisibile.<br /><br /><span style="font-size:180%;">vedete bene che è così: il blog a volte parla come un diario, ma pubblica come un libro, più di un libro, ma è un libro che nessuno legge, che è condannato all'intimità, al diario. è un diario per forza.</span> se fosse letto da tutti sarebbe forse un diario violato. ma la notorietà su internet è un caso su milioni. il solito annoso paradosso implosivo: tutti visibili allo stesso modo, tutti ugualmente invisibili.<br /><br />vorrei avere la forza e la lucidità visionaria di chi scrive romanzi per davvero. saper scolpire quella storia che mi si mescola in testa da tempo, e che si chiama <em>café absurd</em>, come questo blog.<br />ma forse no, non vorrei. forse non c'è nessuna storia, c'è solo un mood, un ritmo, una combinazione di colori, di profumi.<br /><br />non sento già più che questo blog possa dire qualcosa di nuovo e diverso.Domhir Muñutihttp://www.blogger.com/profile/01896637609779928168noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-30361056.post-34074431047971581032008-11-21T19:52:00.004+01:002008-11-21T22:25:51.022+01:00<span style="font-weight: bold; font-style: italic;">Il mio Zegna per un Cavalli 0.1</span><br /><br />manca l'introduzione (e magari fosse solo quella). e sono certo che se mi metto a scriverla qui mi viene di getto. quel foglio elettrico pallido e cangiante mi terrorizza. non è che mi terrorizzi: mi annoia in modo absurd. questo foglio elettrico no. non mi fa effetto. mi dà noia, forse, ma una noia più soft, meno pallida e più pastello.<br />di carmelo bene ho detto poche cose nella tesi. ho scavato con insistenza in pochi punti. le parole chiave del titolo sono tre, e nell'introduzione parlerei di questo, di queste tre parole.<br />c'è il corpo, il corpo abusato, esibito, ostentato, poi sfinito. poi svanito. svanito in una gabbia di vetro o di cristallo.<br />c'è il cristallo, il velo, la gelatina. l'immagine cristallizzata è oscena, è per sempre, condanna la performance, la scalza via dal palco e la dà all'ostensorio, all'oblò, al quadro, alla prospettiva imposta della rappresentazione. dal cinema la rappresentazione non puoi toglierla se non togli il cinema.<br />c'è la voce, ed è tutto.Domhir Muñutihttp://www.blogger.com/profile/01896637609779928168noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-30361056.post-32477101544812558902008-11-21T10:50:00.002+01:002008-11-21T14:36:05.466+01:00eppure credo che sia accaduto ai migliori scultori, questo: di volersi fermare prima che sia tutto finito. e ai pittori. di volersi fermare prima. prima che l'opera sia compiuta. e agli scrittori. l'incompiuto trattiene qualcosa, è più potente della forma finita. un libro spento di punto in bianco, un film troncato così, come capita. c'è come un foro, una valvola, per comunicare con l'esterno, per farsi vivo. credo accada a qualcuno di non voler foggiare le gambe alla statua, ma non per paura che sappia scendere di stallo e vagare nel mondo. la statua compiuta non sa muoversi affatto. quella con le gambe grezze, immaginate nel blocco ancora acceso, ancora vivo, quella sì che sa camminare. il quadro abbozzato, il ritratto a matita, sanno parlare. il finito non ha niente da aggiungere. fin troppo ovvio, no?<br />come il tale, michelangelo, che bastonò mosè al ginocchio, perché non parlava. s'era accorto, michelangelo, che la statua finita non poteva parlare. doveva sfinirla. ecco perché il colpo al ginocchio. per darle una ferita, una storia, un qualcosa di cui parlare, lamentarsi.<br />dico così perché oserei lasciare la tesi com'è. aperta, senza l'introduzione, senza la conclusione. sfinita, grezza, bellissima. tutta da riscrivere, mille volte. sfogliarla e dire: qui ci metto quella foto, qui ci metto l'altra. tutta immaginata, in mille modi diversi.Domhir Muñutihttp://www.blogger.com/profile/01896637609779928168noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-30361056.post-53339773512204763202008-11-14T22:46:00.004+01:002008-11-15T15:43:30.892+01:00<span style="font-style: italic; font-weight: bold;">Le questioni urgenti del principe Palinfrasca.</span><br /><br />c'era una volta un arco, talmente teso che tutti i campi a camomilla di Xyz, ahimé, si estinsero entro un paio di righe. si trattava di cercare fiori.<br />il primo console del re sapeva di francese, e fu inviato in francia. il secondo capiva di inglese e via in inghilterra. il terzo di tedesco, in germania (in pochi capirono il perché della decisione). quarto cinese, cina. giapponese, giappone. l'ultimo consigliere sapeva di fiori e non fu inviato in alcun luogo. fu interrato vivo in un campo di terra rossa, ma rossa, come il sangue.<br />nessuno dei messi fece ritorno in patria, poiché nessuno dei messi era originario di Xyz.<br />il messo interrato era l'unico messo che amasse la sua messe; e per amar la messe c'è da amar la terra. certo, avrebbe fatto meglio a non dirlo, al processo, che la terra gli piaceva tanto.<br />processo per cosa?<br />eh, è una storia lunga, in due volumi. talmente lunga che sta scritta sui binari del treno che da Xyz va a Zyx. il primo libro sta scritto tutto di fila, parola dopo parola, lungo la rotaia di sinistra, il secondo libro sulla rotaia di destra, ma in direzione opposta, da Zyx verso Xyz, cosicché a nessuno venga in testa di leggere i due libri contemporaneamente. ogni anno decine di pellegrini percorrono le rotaie per leggere la storia.<br />e io ogni anno dico: quest'anno ci vado anche io, a leggere. e poi non ci vado mai.<br />in compenso lo scorso anno sono stato in vacanza a Roma.<br />Roma ci ha questa particolarità: che è difficile trovare un posto dove si mangia bene.<br />sono stato in tante città. a mantova si mangia bene, la mericonda, la panada, la pasta trida, il risotto coi saltarei, il risotto al pesce fritto, il risotto al pesce lesso, il risotto con la tridura. a genova pure si mangia bene: l'acqua cotta, il ciuppin, le lattughe ripiene, il menestron. si mangia bene a lucca, i ranocchi fritti, il salacchino con la polenta, la frittata con le cicche. e a catania, si mangia bene: la pasta a picchi pacchiu, con le castagne, con le sarde, e a napoli, la zuppa di cozze, le braciole, e anche a otranto si mangia bene, e a milano si mangia bene, a pisa bene, a livorno bene, salerno bene, torino bene, savona bene, aosta bene, cagliari bene, potenza bene, lecce bene, benevento bene. solo a roma. solo a roma no, solo a roma si mangia male: pane e pane, gomiti alla brace, capelli trifolati, culi di gallina, cazzi e mazzi alla romana.<br />a roma, se ti viene fame, meglio che te ne vai da roma.<br />così mi disse un tipo, un giorno, vicino a roma, un tipo con in mano un paio di pere e un pezzo di pecorino. si mangia male, guarda che schifo, diceva, con queste pere in mano e il pecorino.<br />basta, a furia di cibo m'è venuta fame, buonanotte, vado a mangiare.Domhir Muñutihttp://www.blogger.com/profile/01896637609779928168noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-30361056.post-61751300433625127062008-11-14T01:26:00.002+01:002008-11-14T01:51:55.789+01:00il fondo d'abisso è già chiaro, come in piscina.<br />ci sono piccoli pesci simili a quelli che stanno in superficie, né più né meno.<br />scopriamo branchie inattese. fine dell'apnea. è come nuotare nell'albume, nell'amnios. l'abisso è l'attimo prima dell'alba, è nero. l'alba è l'abisso chiaro, come in piscina. l'abisso chiaro è l'alba a testa in giù. e c'è sempre una nascita dopo. lo si capisce dal colore dell'acqua, azzurro chiaro. rigato di luce. c'è già una mano che viene a trarci fuori, forcipe dolce, dita simpatiche di ostetrico.<br />a testa in giù come sott'acqua, si nasce.<br />l'uomo ha paura di questo, l'ascesa e la discesa. ma più di questo ha paura quando non si capisce dov'è il sopra e dove il sotto.<br />ma quando rompi il guscio sei tu l'inondazione, sei tu la luce che fa splendere tutto.<br />rinascere vergini, spogliarsi di quello che ti pensano addosso. rinascere a testa in giù, tutto è nuovo, tutto ci appartiene. nessuno ancora ci ha insegnato niente.<br />ho una teoria sulla parola "mamma". forse l'ho già scritto una volta.<br />quella parola nasce da pianto sommato al desiderio di suzione. "mamma" è sinonimo di "ho fame", è una frase che è anche una parola. in un altro post dicevo che l'unica parola che è anche una frase è "dio". beh, no, anche "mamma" è così, è una frase. e non è un caso che si dica allo stesso modo in tante lingue.<br />ci sono cose che impariamo da soli, e sono le uniche cose che impariamo. il resto è dolore.<br />e l'uomo è fatto per stare bene.<br /><br />mi rendo conto che scrivo male stasera. dico cose scontate, un po' piccole.<br />ma è un bene portare il mal di testa alle estreme conseguenze.<br />così mi torna in mente l'abisso vero, quello nero. quello che non si capisce dov'è il sopra e dove il sotto. quello che ti manca il fiato e stai per annegare.<br /><br />l'altra strada, infatti, è l'annegamento. è svegliarsi in un sogno più profondo di prima, ancora più dentro all'uovo, uovo nell'uovo. ritrovarsi nel ventre del feto che eravamo, sempre più distanti dalla vita. può essere una strada anche questa. ma è una strada buia. è una strada, ma lo è solo per metà del giorno, quella metà del giorno che si chiama notte. i sogni di giorno sono diversi dai sogni di notte. e non è il sonno che fa la differenza.<br />ho detto in un post qui sotto che gli incubi sono solo sogni ma i sogni non sono solo incubi, e questa è una cosa buona.<br />un'altra cosa buona è che la notte è metà del giorno ma il giorno non è metà della notte.<br />vado a dormire.<br />svegliatemi quando avrò dimenticato tutto quello che ho imparato.Domhir Muñutihttp://www.blogger.com/profile/01896637609779928168noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-30361056.post-6166430691681192992008-11-11T04:02:00.003+01:002008-11-11T04:13:46.771+01:00non ho fatto tutto ciò che andava fatto. e sono stanco stanchissimo.<br />l'importante è che sai di non poter fare di più. ma ci sono parole che vanno parlate anche da stanchi, anche a quest'ora della notte, un'ora che non ho il coraggio di affacciarmi alla finestra, perché non sia mai che invece di notte è giorno. e io, quelle parole da parlare, invece di parlarle le scrivo.<br />scrivo che stanotte ancora nel sogno vado ad annegare. vorrei che domani, che è oggi, un dignitoso "perché" sgusci fuori dalla tana del mondo.<br />un perché senza punto interrogativo. un perché senza spigazioni ulteriori. un perché col punto e basta. un perché che risponde senza rispondere.<br />come a dire:<br />- perché?<br />- perché.<br />why? because.<br />pourquoi? parce-que.<br /><br />delego il resto a Cristina Donà, malgrado la reputi una poetessa ben inferiore a me.<br /><br /> Specchio di pioggia e asfalto<br />ci naviga dentro il cielo<br />grigio bianco<br />acqua e cielo<br />ma tu sei una goccia che non cade<br />e ritarda la mia guarigione<br />come ultima frase da terminare<br />Piccole navi col motore spento<br />aspettano un segno dal faro<br />così lontano<br />specchio di pioggia e asfalto<br />oggi il mio viso è più leggero<br />senza pianto<br />solo acqua e cielo<br />ma tu sei una goccia che non cade<br />e rimanda la mia guarigione<br />come un rumore sospeso che<br />non esplode<br />ancora navi col motore spento<br />aspettano un segno dal faro<br />così lontanoDomhir Muñutihttp://www.blogger.com/profile/01896637609779928168noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-30361056.post-62995077903102517512008-11-09T10:35:00.005+01:002008-11-09T12:23:28.133+01:00<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgBfUFcSTPjE2vp7OSXAsyK8MLU9OqVNd2MqnzpYuUUrhKLn0qXrlQmTI5lntfc6kU8lpAoBK-wJFMnUt3hxUXxgKGr4bQduo87VjW2vKoZ6eMCqjsS5gkMVLZIVmdoGscg7Lu7/s1600-h/Humpty1.gif"><img style="cursor: pointer; width: 327px; height: 400px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgBfUFcSTPjE2vp7OSXAsyK8MLU9OqVNd2MqnzpYuUUrhKLn0qXrlQmTI5lntfc6kU8lpAoBK-wJFMnUt3hxUXxgKGr4bQduo87VjW2vKoZ6eMCqjsS5gkMVLZIVmdoGscg7Lu7/s400/Humpty1.gif" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5266615378993838770" border="0" /></a><br /><span style="font-weight: bold; font-style: italic;">domani, nemmeno domani. appunti per una storia universale dell'ossigeno in 20 volumi.</span><span style="font-style: italic;"><span style="font-weight: bold;"><br /></span></span><span style="font-weight: bold;"><span style="font-style: italic;"></span></span><br />da peiligang alle baby gang, dai sumeri agli assiri, da omero a plotino, da platone a oniro con i suoi oneiroi, passando per anassimandro, anassimene, anassagora, protagora, pitagora, protanassimandrogeneide, plasocraristagossimandromeletemocritone, per finire con Ugo Bò, i sogni sono un fatterello che stuzzica in ogni quando l'appetito dei pensatori, pressappoco dacché successe che l'uomo s'intuì uomo.<br /><br />dev'essere successa qualche cosa pure a me, se inizio a vuotarmi così bene nei sogni. al mattino mi sveglio e sono una càscara, una scorza d'uovo. e quando sei leggero così, ad alzarsi non ci vuole niente. una scorza d'uomo glicemico e proteico come zabaione.<br />il mondo dei sogni è la discarica più profumata che c'è, a volte. la materia che uno ci ha dentro non è spaventosa di suo. a pensarci il mondo stesso, quello reale, è fatto di materia scontrosa, ma alla fine della fiera conta di più il modo in cui metti insieme le cose. è il <span style="font-style: italic;">modo </span>che spaventa, e la <span style="font-style: italic;">grazia </span>è nel modo. è come in cucina, in un certo senso: ci vuole un tocco leggero e svelto, perché le cose riescano bene. e non si tratta di qualità degli ingredienti, ciascuno ha la sua qualità, e se la merita.<br /><br />negli ultimi giorni cucino piatti evocativi, potenti e dettagliati. non mi piace più -da tempo- schiacciare tutto sotto il peso della panna o dell'olio extravergine. i grassi servono tutt'al più a lubrificare. quasi tutti i fluidi del mondo, a pensarci bene, sono veicoli o interpreti naturali.<br />il seme dell'uomo veicola omuncoli, il liquido amniotico insegna al feto la libertà di movimento, l'acqua -in forma di fiumi- unisce le vette del mondo ai suoi fondali, così come fa il sangue nell'organismo. l'olio fa girare meglio gli ingranaggi. il vino, dicono (anzi, dicevano), veicola la verità. e può farti interpretare il mondo un po' diversamente. e poi è antiossidante, favorisce il deflusso sanguigno.<br /><br />il grasso dei miei sogni sono le pulsioni emotive. quando sono sovraccarico di tensione non riesco a sognare, cioè a ricordare, cioè a digerire. c'è una specie di sigillo di zucchero caramellato che tiene intrappolati i figli di Ipno a livello dell'esofago. ma stamane no, mi sembrava di essere appena uscito dal cinema, al risveglio.<br />dei figli di Ipno il mio preferito è Fantaso, lo scenografo. ma è Morfeo che cura i dettagli e fa sembrare tutto così vero. Fobetore non mi spaventa, gli incubi sono solo sogni. e il bello è che invece i sogni non sono solo incubi.<br />domani, nemmeno domani ci siamo, e sì che non saremo assenti. ma ci saremo, mai più, nel giro di qualche giorno, manca poco davvero. la tesi sarà presto una dis-tesi.<br />spero che questo mood ingrassi la punta della mia penna, sicché si riesca a mettere un punto fatto bene, bello tondo e leggibile. giuro che l'università è l'ultima cosa sensata che <span style="font-style: italic;">ho faccio </span>nella vita. laspus.<br />saluto i miei sostenitori con una poesiola che fingerò di non aver composto io.<br /><br />"ho di nuovo bisogno di nuovo<br />e di nuovo so dire vorrei<br />dormirò nell'albume di un uovo<br />per svegliarmi nel <span style="font-style: italic;">panta </span>che <span style="font-style: italic;">rei</span>"<br /><br />(Ugo Bò, <span style="font-style: italic;">Il misticismo onesto di Hobu Ghergai</span>, Ed. Benemalecreo, Parigi 2009)Domhir Muñutihttp://www.blogger.com/profile/01896637609779928168noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-30361056.post-73609358351016873292008-11-05T09:39:00.003+01:002008-11-05T10:09:52.759+01:00<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhpeMbxFIFPadx4Q2BvrOhuPK59AiZeWu6zXMgGpjNY-Rhyphenhypheno5bCwVm6wgSKhv8vuX1Rdem4E42UkjcMnbrSplmNFvVtlZFzob4WWY9xvcM93hnBkpFGcgtBzIUkwanKCfqBnDGy/s1600-h/essere-john-malkovich.jpg"><img style="cursor:pointer; cursor:hand;width: 270px; height: 400px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhpeMbxFIFPadx4Q2BvrOhuPK59AiZeWu6zXMgGpjNY-Rhyphenhypheno5bCwVm6wgSKhv8vuX1Rdem4E42UkjcMnbrSplmNFvVtlZFzob4WWY9xvcM93hnBkpFGcgtBzIUkwanKCfqBnDGy/s400/essere-john-malkovich.jpg" border="0" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5265097050196406882" /></a><br />in certi film e serie televisive americane degli anni ottanta, di genere perlopiù poliziesco, ci sono due protagonisti che lavorano insieme: un nero e un bianco. arma letale, miami vice, beverly hills cop, spingevano l'afroamericano verso le luci della ribalta e tentavano il rilancio del veterano di guerra bianco (e con lui la rimozione del melodramma vietnamita); retorica fondata, insomma, sul mutuo cacciarsi fuori dalla merda.<div><br /><div>sono felice per la vittoria di Obama, ho seguito l'evento in tv, tra cnn, fox e bruno vespa, fino alle 4 del mattino. bello, davvero. ero sfinito e sono andato a letto prima dei titoli di coda, ma insomma, niente sorprese al mio risveglio, rispetto a quanto s'era profilato in tarda nottata.</div><div><br /></div><div>certo sembra un po' un film. l'ultimo della serie bianco-nera, in cui ciascuno dei due -il veterano, l'afroamericano- prende la propria strada. il finale è scontato -una condensazione onirica di "american dream" e "i have a dream today"- ma è facile dirlo dopo.</div><div><br /></div><div>bisognerebbe fare così anche di fronte ad un film dal finale scontato: ammettere che è facile dirlo quando il film è finito.</div><div><br /></div><div>prima di seguire la maratona elettorale mi sono visto <span class="Apple-style-span" style="font-style: italic;">Essere</span><span class="Apple-style-span" style="font-style: italic;"> John Malkovich</span>. voglio tornare sull'argomento quando ho tempo.</div></div>Domhir Muñutihttp://www.blogger.com/profile/01896637609779928168noreply@blogger.com4