martedì 29 gennaio 2008

Presentènse (1-day-old post)

Ho mangiato molto presto. Insalata, un paio di wurstel crudi, gallette di riso. Alle venti sono già fuori casa, diretto alla macchina, una Camel lights in bocca.
Duecento metri dopo mi accorgo che ho le scarpe slacciate. Getto la sigaretta, mi chino, faccio quello che devo fare, e quando mi rialzo arriva una sbandata tremenda.
"Cado" penso. Ma non cado.
"Adesso cado" ma non cado neanche la seconda volta.
Però ondeggio niente male e la signora davanti a me deve aver pensato che sia ubriaco, almeno per un istante.
Rimango in questo stato per lo spazio di quattro cinque passi, poi riacquisto il senso dell'equilibrio e continuo il mio percorso.
E' stata la sigaretta, e il fatto che ultimamente mangio poco. E che sono molto stanco, lavoro troppo.
La tentazione è di andare subito a prender un kebab, o uno schifossissimo pollo arrosto, o un cornetto, mangiare qualcos'altro. Ma forse dovrei solo gettare le sigarette una volta per tutte. Non c'ho il fisico per il tabacco.

Da quando abito qui ho scoperto che il parcheggio può essere il buco tra due macchine che non ti aspetti, quello che ti fa urlare per la botta di culo anche se abiti a cinquecento metri e piove a dirotto. Ci vuole fantasia, e aggressività, quando le cose non bastano per tutti e tutti vogliono un posto al sole o all'ombra, non importa, basta che ci sia un posto. Per parcheggiare la propria macchina, s'intende.
Da questa estate poi hanno introdotto le strisce blu in maniera selvaggia. Parcheggi a pagamento in tutta la zona.
E' stato il primo segnale che me ne dovevo andare. Non fa per me San Giovanni.
Così me ne vado.
Mi sposto a oriente, Roma est, Cinecittà, zona più popolare e alla mano.
Vado incontro al nuovo incognito, mi preparo ad infilarmi in un nuovo letto. Stavolta, per la prima volta, a una piazza e mezzo, tanto che devo comperare le lenzuola apposta.
Mi infilo nel letto che fu di Giulia, che è una con cui molti vorrebbero andare a letto. Ma Giulia non c'è. Se ne parte quando io arrivo.
Si sposta a Ovest. Los Angeles, California.

Domenica mattina sono uscito con una ragazza. Appuntamento insolito alle 10. Abbiamo fatto un giro molto ampio per tutto il centro. La sua zona, non la mia.
"Qui" indica una scuola a due passi da via del Corso "ha fatto il liceo un mio amico".
Io penso a lei-16-anni con montgomery addosso e non oso chiederle di più.
"Qui ho fatto le scuole io." E penso un palazzone niente a che vedere con quello indicato da lei. Vengo da Ostia, ce l'ho stampato sulla lingua e mi porto una polvere addosso che si infila tra i capelli. Dormimi accanto e poi la senti anche tu. Altro che odore del mare.
Io soffro un grandissimo complesso di inferiorità verso i romani e Piazza di Spagna val bene un attacco di panico per un provinciale come me che so che niente di quello che vedo sarà mai mio, e sulla scalinata di Trinità dei Monti ci piscerei volentieri per ripicca, ma di nascosto, pieno di vergogna.
Non so quale senso di malinconia mi mette lo starle accanto, mentre formulo poco per volta la mia idea su di lei e lei di certo formula le prime idee su di me. E il futuro che ci sta davanti, gelatinoso e imperscrutabile- hai voglia a consultare oroscopi e tarocchi- mi informa chiaramente della caducità del tutto. Così mi godo quanto posso questa domenica mattina senza sole, il suo odore piacevole che ormai riconosco tra mille, i suoi occhi, e tutto quello che posso avere accanto senza potere avere davvero. Fino al momento in cui ci salutiamo, esattamente dove ci siamo incontrati tre ore prima. Torno a casa a piedi.

Sto andando verso la macchina per prendere degli scatoloni che ho rimediato a lavoro. Devo cominciare a muovermi, sistemare, impacchettare tutto.
Traslocare.
E' il primo vero trasloco.
Sono andato via di casa con due valige e uno zaino come uno studente Erasmus.
Mi sono spostato per la seconda volta che avevo un scatolone e una busta gigante in più.
Adesso devo pensare anche a un computer con tanto di casse e monitor, una bicicletta, e una quindicina di chili di libri, dischi, e film in aggiunta.
Devo sollevare il materasso per scoprire cosa si è nascosto sotto il letto. E domenica chiudere un altro capitolo che ridendo e scherzando si è preso un anno intero. Mi mette fatica solo a pensarci e basterebbe questo a darmi una sbandata, altro che le sigarette.
Chiudo con San Giovanni, piazza Tuscolo, zona bellissima. Chiudo con il mio seminterrato sempre sporco, con la polvere della strada che mi arriva dentro casa, con il via vai di auto a tutte le ore, con il mio compagno di stanza colombiano e il padrone di casa argentino, con il mito del personaggio tragicomico che mi si è cucito addosso senza neanche accorgermene.
Chiudo. Me ne vado e sono contento, perchè qualunque cosa mi accadrà adesso penso che ci sarà ancora per molto tempo una speranza che le cose si aggiustino da sole poco per volta.
Più sono solo più ho bisogno degli altri.
Più ho bisogno degli altri più mi apro a loro.
Più mi apro a loro più loro si aprono a me. C'è tutto un mondo da conoscere. C'è un fondo di entusiasmo anche nella mia recente stanchezza.
La rinuncia a parte della propria paura da un'energia incredibile.
E a volte le mura cadono senza fare rumore.
Mentre penso a me-stesso-oggi-26-anni e mi vedo già proiettato in avanti di dieci anni.
"Questa era la mia casa" e indico una finestra all'altezza del marciapiede in via Britannia.
Il futuro, gelatinoso e imperscrutabile, mi sta davanti agli occhi senza che io riesca a vederlo.
Chiudo gli occhi e allungo la lingua per leccarlo.

9 commenti:

Prisma ha detto...

Bentornato, K!

Domhir Muñuti ha detto...

avevo letto il tuo post tra le bozze ieri notte e mi chiedevo cosa aspettassi a pubblicarlo.
c'è un curioso e sottilissimo intreccio tematico tra il mio post e il tuo..

Prisma ha detto...

K... come Kebab...

daniela ha detto...

Che bello rileggerti. E che bello notare un vento di apertura in questo blog, contagioso come la varicella ma sicuramente meno urticante. O almeno, è un prurito di quelli che fa sentire vivi.

Domhir Muñuti ha detto...

"vento" è la parola

Unknown ha detto...

In inglese "vent" e' anche sfogo ...
Sei troppo un bravo ragazzo quando scrivi, sen non ti conoscessi dal vivo penserei che e' tutto un piano commerciale ... ;-)
Il trasloco e' bello e nostalgico. Sei il paguro nudo sulla spiaggia che lascia il vecchio guscio per crescere in uno piu' grande. Nel passaggio fa si che non ci siano pericoli.
Suerte
O<-<

DRESSEL ha detto...

meraviglioso...

Bk ha detto...

Sono belli i tralochi...
veri e simbolici che siano.
Aprono nuovi orizzonti.

Unknown ha detto...

beh che dire, la nuova veste esotica e' veramente stupefacente ...
Kahua Abshi suona bene anche se non so che vuol dira Abshi.
Bella Man
O<-<