mercoledì 30 agosto 2006


IL SELVAGGIO (Parte II)

Sempre appoggiato sull'alto sgabello del bancone, eppur perso nei dedali delle sue speculazioni mentali, il Selvaggio (così aveva intenzione di definirsi da quel momento in poi), venne urtato casualmente da un tizio alle sue spalle. Un gesto del genere una volta lo avrebbe come minimo turbato, se non indispettito. Adesso un qualsiasi tipo di contatto umano era per lo meno inaspettato, "originale" e in quanto tale gradito, benchè involontario, benchè fastidioso. Solo in quel momento si accorse che il brusio era aumentato ed il locale si era riempito. All'urto, il bicchiere, stretto nella ferrea presa della propria mano, vacillò di colpo e quel divino nettare chiamato whiskey ondeggiò come un piccolo mare in tempesta. In parte - non molto per fortuna! - si versò sul bancone. Una goccia che strenuamente cercava di rimanere aggrappata per non cadere, si arrese ben presto al proprio destino e scivolò inesorabilmente lungo il vetro del bicchiere, incontrando il palmo della mano del Selvaggio. Guardò la goccia che sembrava ricambiare lo sguardo e ringraziarlo per averla salvata da quello spreco. Quando stava dentro, curiosando tra gli scaffali della biblioteca della prigione, aveva trovato un libro che parlava proprio di whiskey. C'era una figura che lo aveva incuriosito particolarmente, in cui il liquido osservato al microscopio assomigliava ad un insieme di cellule. O di labbra. E le immaginava incontrarsi e separarsi gioiosamente, splendenti nel loro colore, consapevoli del proprio gusto, mai affaticate da questo loro fondersi e riprodursi quasi orgiastico. Accostò il palmo della mano alle labbra e assaporò quella goccia intensamente, prima di afferrare con decisione il bicchiere e colpire violentemente in testa quel tizio maleducato alle sue spalle. Si rese conto, senza particolare stupore, che certe cose ancora lo indispettivano.

2 commenti:

Domhir Muñuti ha detto...

Interessante. Sembra quasi che tu sappia dove vuoi arrivare. UBZLPOXI

falena ha detto...

scrivo senza la responsabilità di una meta. e questo mi rende irresponsabile dell'opera. o forse semplicemente mi rende un irresponsabile e basta.
sono contento che l'impressione sia quella di uno che sa dove vuole arrivare, significa che qualcosa di gustoso in fin dei conti c'è o ci potrebbe essere in quello che scrivo.
una sorta di "romanzo d'appendice" dove anche l'autore è ansioso e trepidante lettore in attesa...
SDIDBPY