venerdì 12 dicembre 2008

E poi questo poeta qui, inutile ma tutto sommato scrocchierello.


la bell'alba dell'Idei dal tamburo
mi sorprese un bel giorno senza feste
lastima! chi da qui ne fa le spense
spanse come tovaglie in pompa massima
sozze non più di rosso ma del bianco
di quanti mai mozzassero le teste.
mozzo sarò di corte per chi spia
chiedo restare dietro al mio fondale
stanco, come la neve ch'ammalìa
male ch'a l'onda vada indrio ma lascia
la scia com'è normale. ed io mi scaglio,
quanto la nave mia che mi trasborda,
lo scoglio in faccia e svengo rotto ratto.

scocca del re caduto da cavallo
l'ora. del tè domani l'armatura
lucida come zecca la conìa
del me 'vantieri l'orda mi toccò
pèrduti nei sentieri dal profumo
delle follìe seccate per fumare
presto di poi ruolate in cigarìe
di cioccolate, di licore succo,
di frutti incastonati, di candito,
ebbro mi rifilai le mani a stucco.
pasto di porri, laute cicorìe
meno che meno quando tira forte
il vento tra le foglie mistomorte
verdemarronegiallorossamenti.

mazzo sarò di carte per chi spaia
gl'assi scoperti, spiego a te le rule
metti che poi domani mi dimenti
come già fe' per lo scacché la dama
eccoti dunque la combinazione
scaricola d'emule senza danno
se non l'industarìa del che si balla
si scolta e si toccà, dice l'iberio
si gioca pe'l francioso e'l biritanno
dalla bocca si leva come un canto
senza comparizione, benpensando
mezzo sarò di certo per chi spende
l'ore leggendo loro, mie leggende.

(Tommaso Piscaturi, Fiabe dell'inverno, Castelmadama, Roma 2008, pp. 209-210)

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