sabato 4 ottobre 2008


un avventore casuale, senza sapere che il blog fosse il mio, mi ha detto in privato che questo è un posto pieno di intellettuali falliti. la cosa mi ha fatto sorridere perché è vera, tranne per il fatto che di intellettuale fallito qui ce n'è sostanzialmente uno, e sono io. ribadisco: lo dico con una buona dose di autoironia. mi offenderebbe il "fallito" se mi ritenessi davvero un intellettuale, ma non sono arrogante fino a tal punto.
piuttosto, in questi giorni il blog s'è inaridito, sembra quasi voglia sparire. dipende da molti fattori, non ultimo l'obbligo di scrivere. qui e altrove. o l'obbligo di far finta che non sia un fine settimana freddo e piovoso.
come può, la pioggia, spaventare me che ce l'ho dentro? sarà che tanta pioggia dentro inizia a darmi i reumatismi.
ricordo che con K, al liceo, si pensò di scrivere una pièce intitolata I dolori reumatici del vecchio Werther. il titolo fu una mia proposta (spesso la mia creatività s'è limitata ai titoli); K immaginò un atto unico in cui Werther e Lotte si ritrovano, vecchi, ad una festa, o qualcosa del genere, e finiscono per ballare insieme. evidentemente mi sfugge qualcosa.
fatto si è che se lo riscrivessi oggi, il dramma sarebbe pressappoco questo:

Werther, alla fine del romanzo di Goethe, si spara alla tempia. il tentativo di suicidio non riesce, e il nostro viene ricoverato in una clinica degna del suo rango. lentamente riacquista le proprie facoltà mentali; intuisce però che, incapace com'è di inserirsi nella società del suo tempo, gli conviene fingersi offeso. potrà così ricevere tutto ciò che gli abbisogna standosene comodamente rinchiuso e allettato, fino a che qualcosa non intervenga a smuovere nuovamente il suo animo nobile. ciò indubbiamente avviene allorché, trascorsi moltissimi anni, la vecchia Lotte gli si presenta in clinica e, pur non sapendo che il vecchio Werther è perfettamente in grado di intendere, prende a parlargli della propria vita; gli spiega tra mille lacrime che ha mancato di fargli visita prima d'allora per paura di non tollerare la sua vista in quelle condizioni. ma, ora che il suo sposo Albert è andato al creatore e neanche lei si sente tanto bene, ha deciso di rimediare, per crepare con la coscienza pulita, quando dio voglia.
di fronte a cotanta magnanimità, Werther si finge improvvisamente miracolato e chiede a Lotte di portarlo via con sé e di andare a vivere tutti insieme coi figli di lei. la donna (ma questo è poco importante) gli fa notare che i suoi figli son già tutti belli che emancipati e stanno sparsi ai quattro angoli del mondo. i due si trasferiscono in campagna ad ogni modo, avviandosi ad una vecchiaia noiosa e priva di ricordi. Werther, che col suo gesto avventato ha perso di fronte al lettore quel briciolo di dignità che gli restava, subisce nel finale financo le inattese conseguenze del barlume di verosimiglianza che lo scrittore ha deciso di concedersi: avendo, l'eroe, trascorso gran parte della sua vita a letto, la stazione eretta, oltre a risultargli francamente difficoltosa, gli arreca terribili dolori alla schiena.

2 commenti:

DRESSEL ha detto...

secondo me è andata proprio così. sono dieci anni che non leggo quel libro; mi hai fatto venire voglia di rileggerlo.
bravo, come sempre.

Domhir Muñuti ha detto...

dopo la tesi anche io ho un centinaio di volumi arretrati con cui seguitare ad accecarmi.. non vedo l'ora.