venerdì 5 settembre 2008


Nietzsche che dietzsche, boh.

quando sei addentro alla ricerca non hai più bisogno di cercare, ché le cose ti trovano senza che tu faccia nulla. e così mi capita di scegliere libri a caso, e a caso trovarvi frasi che mi spalancano spazi in cui rinchiudere il mostro che vaga entro la mia testa, passi illuminanti su discorsi prima oscuri o vaghi, stringate e utilissime vulgate intorno a problemi altrimenti leopardiani.
ma questo non c'entra granché. stasera, per una volta (forse la prima) ho in mente quello che devo dire prima di incominciare. ho appena fatto sparire in una smorfia un bicchiere di acqua fradicia, il che non farà che facilitarmi la discesa.

riflettevo poco fa, percorrendo a piedi il breve tratto di strada che va da casa mia a casa di mia madre, su come io mi senta inesorabilmente identico a me stesso. da sempre e, presumo, per sempre. del futuro non si può parlare, ma si può parlare -con un tocco di cinica e financo prosaica veggenza- del divenire che ciascuno di noi "contiene". di questo sempressente cui siamo condannati manco fosse una pelle, e con la pelle un odore.
l'immagine che mi è venuta in mente è quella d'un sistema di vasi comunicanti. ho ricordato che quando avevo i soldi per fare certe cose credevo di non avere il tempo, quando avevo il tempo non avevo il bisogno, quando avevo il bisogno non avevo la maturità; e ora che ho la maturità non ho niente altro.
come potete ben vedere, si tratta ogni volta dell'opposizione di un fatto oggettivo a un qualcosa di soggettivo; tanto per chiarire, nell'ultima coppia il termine soggettivo è la maturità.
corre dunque il sospetto che l'indomani contrapporremmo un copioso niente -il niente è pure qualcosa su cui contare, nella vita- alla freschezza psicofisica che viene meno. e ci ritroveremmo con un bel palmo di naso.
un tempo avrei cercato -nella seconda parte del post- le soluzioni al problema, a questo sfasamento che è la mia personalissima impasse. mi arrischierò invece a citare Nietzsche a memoria, col rischio di essere davvero inopportuno.
Nella Nascita della tragedia si parla a lungo di Socrate. a un certo punto, per farla breve, Socrate schiatta; sceglie per sé la morte di fronte all'alternativa dell'esilio, persuaso che dovunque vada, per via del personaggio scomodo che è, gli si riserverebbe il medesimo trattamento. Il pessimismo di Socrate, tutt'altro che proverbiale, consegna a Nietzsche una conclusione accattivante: l'ottimismo è cosa mala e ingiusta poiché è il sentimento della decadenza. mentre il pessimismo è laddove c'è il fuoco, è il sintomo vivo e scalpitante di un mondo e di un tempo che cambiano. è angoscia senza rassegnazione.
mi rifaccio, per concludere, ad un articolo che haikel ha pubblicato qualche tempo fa su mom; cito anche qui a memoria, e quindi vado di libero indiretto, e cioè che in pratica l'addensarsi delle occasioni d'errore su un determinato lasso di tempo è il sintomo di un cambiamento imminente.

Spero di sbagliarmi.

10 commenti:

Rotellina ha detto...

Hey, perdono se leggendo il post mi soffermo su poche delle parole scritte ma mi colpisce l'inquietudine di quando ti accorgi di essere sempre uguale a te stesso...
Fossi in te, io ne sarei contenta!!! :-D

DRESSEL ha detto...

e certo! sennò da cosa dovrebbe nascere la famosa stella danzante?

Domhir Muñuti ha detto...

@rotellina: ma io ne sono felice. anche perché c'è in me una conclusione che nel post non ho riportato ed è la seguente: a volte ci si sente veramente miseri, altre volte super-uomini/donne. in un caso come nell'altro ci si porrà la domanda: come ho fatto a diventare ciò?
bisogna tendere l'orecchio e ascoltare la sinfonia che il cosmo suona per noi.

@dressel: stelle si nasce, danzanti si diventa. comunque Nietzsce era un tipo allegro, pensavo peggio!

daniela ha detto...

Cavolo, l'articolo di Bak è una meraviglia.
Un vero coacervo di fisica, filosofia, psicologia, in una prospettiva olistica che racchiude in sè ogni aspetto dell'esistenza senza comprimerla nel suo campo settoriale.

Gli errori come manifestazioni di un cambiamento? D'accordissimo, se si intendono per errori le risultanti di un contrasto tra la spinta all'innovazione e la resistenza dell'ambiente (esterno e interno) all'innovazione stessa.

Il daimon di cui parla Haikel è un altro nome della resistenza, e si trova praticamente in tutte le filosofie o religioni, in forme più o meno simili: un'ombra che si può illuminare, un nemico che può diventare alleato.

La dualità è l'aspetto insidioso dell'unità, è la Conoscenza Originaria di Adamo ed Eva (l'albero della conoscenza) che si fa dubbio (il serpente), è il Mara buddista, è la malattia, è la scissione tra spirito e materia.

Dici di sentirti sempre uguale a te stesso, ma inevitabilmente le cellule del tuo corpo si rinnovano ogni giorno, le tue esperienze forniscono al tuo cervello dati diversi da elaborare ogni giorno, e soprattutto ogni giorno fai insieme al mondo la tua piccola rotazione e rivoluzione.

La verità è che niente e nessuno è fermo, l'essenza dell'universo è il divenire (non ci si bagna mai due volte nello stesso fiume, ricordi?), per questo chi si crede fermo è perduto.

Nel buddismo si dice: "Non andare avanti è retrocedere", per il semplice fatto che se tutto intorno a te corre per rimanere indietro basta stare fermi.

Infine, pessimismo ed ottimismo. Quello di Socrate mi sembra non sia nè l'uno nè l'altro: Socrate era fiero di morire così.

Ma il pessimismo o l'ottimismo hanno più a che vedere coi moti dell'animo che coi pensieri.

Ottimista, secondo me, era Leopardi, che ha scritto cose che se le leggi ti fanno venir voglia di vivere fino al'ultimo respiro e di assaporare tutto ma proprio tutto ciò che la vita ti offre con avidità. Alla faccia della natura matrigna, e nonostante essa.

Pessimista, beh, pessimista è chi non ha più speranza, e c'è rassegnazione eccome.

Non è tanto nel pessimismo che nasce il cambiamento, ma è spesso nel dolore, nella confusione di chi sta cercando il coraggio di allontanarsi dalle proprie certezze per partorirne altre.

Si muore e si rinasce migliaia di volte nella stessa vita, prima dopo e durante. E ogni cambiamento è una piccola morte.

daniela ha detto...
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Domhir Muñuti ha detto...

ciao daniela, bentornata e grazie per il commentone! ne hai postati due e mi sembra siano identici, quindi uno dei due lo faccio sparire :)
l'intuizione è ottima, direi: non confondere il pessimismo.. con la consusione!
ma a me questa confusione settembrina piace, l'autunno è la mia primavera, sarà perché ci si veste, ci si maschera e in tal modo si crede di rimettersi in gioco dopo la nudità estiva.. gioco inteso come "play" e "jeux", che in molte lingue -ma non nella nostra- designa tra l'altro li recitare e il suonare. lungi dal voler intavolare uno squallido parallelo tra teatro e vita, o tra vita e letteratura, dirò che a volte mi sembra di stare scrivendo una storia, e senza toccare la penna o il foglio, e questo mi piace. mi piace una vita così. è uno di quei retaggi dell'"esistenzialismo" infantile a cui spero di non rinunciare mai.

daniela ha detto...

Anche per me settembre sa di primavera, anch'io lo sento come un nuovo inizio e a tratti questo mi riempie di entusiasmo.

Anche perchè ho sempre amato il declino autunnale molto più del risveglio primaverile.

Ti capisco bene dunque. Vediamo dove ci porta questa ennesima ripartita. :-)

Unknown ha detto...

Grazie per l'attenzione al mio articolo, mi ha inquietato il commento a seguire di "Perfetto".
Inquietato: tolto da uno stato di quiete.
finalmente mi avvicino a ciò che ho studiato del teatro orientale, un detto mi accompagna da quei tempi: "Nel moto immoto, nella quiete inquieto."
@Daniela - Parola d'ordine: Abraxas.
@Beluga - Risponderò a modo mio nel prossimo post sul tuo blog. Mi avvantaggio della posizione che mi hai concesso ...

O<-<

Unknown ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Unknown ha detto...

Ops, ho commesso un'errore.
Ripeto.
Post Scriptum: Andate a vedere questa clip sull'errore ;-) http://it.youtube.com/watch?v=v2s9fouC5js