mercoledì 29 agosto 2007

Poi si dirà che parlo difficile, ammesso che qualcuno ancora mi legga, che qualcuno ancora legga i blog, che qualcuno faccia ancora uso di internet, che qualcuno ancora faccia uso di qualcosa. E di fatti il punto, secondo me, il punto è che IO non faccio più uso delle cose, e mi sembra come se, a volte, le cose facessero uso di me. A volte oppure sempre. La questione è meno banale di quanto non si creda, non è la schiavitù agli oggetti. A me sembra che non sei tu che scrivi il blog, mi sembra che sia il blog che ti scrive. Ogni volta che metti piede in questo luogo senza spazio anche tu smetti di averti, le mani assenti ti scrivono, il blog ti crea, ti ricrea nel giro di poche parole. Il blog si alimenta del tuo vizio, e lo alimenta, come il cane che si morde la coda, come il gatto che si morde la coda, come il serpente che si morde la coda, come la coda stessa, che è attributo diabolico e nelle lucertole, se gliela tagli via, vive addirittura di vita propria, sebbene per qualche istante soltanto.
E' la coda che ti vive, è il blog che ti scrive, è l'oggetto che ti pensa.
Mi sono chiesto, allora, mi sono chiesto se poi possano cambiare le cose, almeno in parte, almeno un po', quando smetti di lasciare che le cose ti pensino e inizi a pensarle sul serio.
Inizia col pensare, ad esempio, che sei in grado di pensare. Diciamo che sei condannato a farlo ma la condanna non è mai nell'opportunità, la condanna è nella costrizione, giusta o ingiusta che sia. E allora lasciarti pensare è una condanna, ma prendere sul serio il pensiero e metterti a pensare significa dare all'opportunità il valore che merita. Che poi le qualità che hai non devi metterle a frutto, devi semplicemente metterle in moto. C'è un solo modo per farlo, ed è smetterla di aspettare che le qualità mettano in moto te, perché potrebbe non avvenire mai. E' come attendere che un giorno, al risveglio, ogni cosa sia chiara come l'acqua chiara. E' assai probabile che non accada mai, e ad ogni modo può accadere e non accadere, cinquanta e cinquanta.
E allora svegliati un giorno e osserva l'acqua. Se l'acqua non è chiara sarai in grado di capire perché non lo è. Se l'acqua non è chiara non devi lasciare che ti beva. Ma questa metafora non mi porterà lontano.
La volontà è un'arte piena zeppa di futuro.
Se hai una poesia, non lasciarti recitare, scavala nel sasso.

2 commenti:

Prisma ha detto...

"Se hai una poesia, non lasciarti recitare, scavala nel sasso".

Parole migliori di queste non le potevi trovare. È proprio così che il mio pigro io che tende all'inconcludenza riesce a volte a farsi coraggio e a "mettere in moto" quelle qualità che il non far niente mi fa dubitare di possedere.

Nei tuoi scritti a volte un po' criptici c'è sempre quella perla che emerge tra le onde, fino a staccarsi dal resto e a brillare di luce propria...

Domhir Muñuti ha detto...

Che piacere leggerti, museum.