martedì 20 marzo 2007

Devo inventare una tesi di laurea. Diversi mesi fa avevo un'idea. Mi sembrava fosse una buona idea; era invece un contenitore suggestivo, destinato, a quanto pare, a restare tale (e perciò
vuoto). Al di là della possibilissima vacuità dell'argomento in sé, il fatto d'avere un indice da seguire era per me -studente brillante nei risultati quanto sporco nella co(no)sc(i)enza - motivo sufficiente a credermi ad un passo dalla risoluzione del macchinoso melodramma universitario. L'indice l'avevo stilato assieme ad un giovane docente avventuroso, precario e forse incompreso. 'Na cosa, n'antra, 'nsomma resto senza relatore, lo fanno fori, gnente. Si cerchi un altro, c'è gente competente presso il nostro collegio didattico.
Dico sì, babbè, cambio relatore, mica cambio tesi. E scopro che il DAMS, il buonmercato dei sogni ad alto tasso di fracassabilità, ha avuto una svolta pragmatica: basta con la paccottiglia intellettuale, abbasta con la psicodialisi, e che è, basta co' ste cose de cinema e morte, cinema e mito, mito e moto, motori e tv, tivvù e scecspir, la tesi dev'essere spendibile. 'Aspita, che novità assurda. La mia tesi no, non lo è, non è spendibile, non è impresabile, non è marketabile, non è cetimpiegatiziabile, non è buonopastabile, quindi stop. Un professore con una tosse molesta che ti passa pure la voglia di dire "salute" mi dà una serie di "suggestioni" alternative, roba da spaccarsi un palo in mezzo in mezzo agli occhi e rimanere così come una lampadina accesa nonostante sia mattina. Un altro - per invidia, io sospetto, del mio buonumore e della mia modesta bellezza - mi insulta ripetutamente, neanche stringergli la mano e arrivederci, anzi, proprio a mai più. Di quella tesi mi passa la voglia. Mi passa la voglia di tutte le tesi del mondo.
Scriverò per forza di cose due cazzo di righe su un qualche argomento di merda, a scarso contenuto di ikea. Mi immagino di discutere quelle due righe in quattro parole, con sei persone pagina settesettesette, clinicamente morte, un bel giorno caldo, silenzioso se non fosse per quel cicaleggio giallo e bruciato, assiepato lì, da qualche parte, oltre il tavolo coi rinfreschi, in prossimità di una vita post universitaria che - tardi è tardi, d'accordo - ha da venire, e allora almeno uno fa un sospiro e dice: almeno.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Già... dice almeno. Ma almeno potevi scegliere un'altro colore per il blog...

Domhir Muñuti ha detto...

i colori sono tutti belli e ancor più belli sono l'alternanza e gli accostamenti. questo è solo il primo modello della collezione primavera-estate.