mercoledì 9 agosto 2006


L' insostenibile leggerezza del palco, col suo fardello di luci e le sue inesauribili risorse, accompagnò Le Cannù come una azzurra nave da crociera nel limbo delle sensazioni inespresse e turbinanti.. Era bello ascoltare le chiatarre acide, le armonizzazioni allegre dei musicisti attempati ( ma solo nella forma). La sostanza regalava continue infusioni di allegria e deja vu, la massa vociante e chiacchierona era per Le Cannù soltanto un orpello colorato ma bidimensionale..
Avrebbe voluto che quel momento continuasse per tutta la notte, ma era consapevole che, sulle note dei brani più famosi, avrebbe incominciato a respirare quella sensazione di amarezza per un racconto breve che si spegne quando ha finito di autocompiacersi .
Gli sarebbe rimasto il ricordo fotografico, elettrizzante ma destinato a sbiadire, e l' amara consapevolezza di non aver mai condiviso un momento così particolare con una compagna che fosse degna di questo nome.
D' altronde, Le Cannù ne aveva di cocci da raccogliere nel suo personalissimo porto delle nebbie.
Sarebbe andato a casa, e avrebbe fumato con calma l' ultima sigaretta della giornata ,nella speranza che non avrebbe mai terminato di consumare sé stessa. Avrebbe guardato lo stesso, immutabile cielo, e forse sarebbe stato al riparo, per un pò.
Il cielo l' avrebbe ricoperto come una gigantesca e soffice coperta, le stelle sarebbero state i suoi peluches.

Notte, di nuovo notte, col suo carico di musica già scritta e melodie che qualcuno stava componendo...

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