martedì 14 ottobre 2008


sarebbe bello che dal nulla, con la gola che gratta ed un'aura di sonno mal gestito intorno alla figura, venisse fuori qualcosa di buono. è raro che sia così.
per cominciare, la mattina mi stringo attorno a me stesso, scivolo giù dal letto e vado a confondere le lacrime con l'acqua della doccia. pian piano la ciambella fritta che mi cinge la bocca dello stomaco allenta la presa.
ma poi, quando meglio crede, torna ad abbracciarmi le budella durante il giorno.
come accade adesso. per mandarla via ci vogliono altre lacrime e si finisce per disitratarsi. e ci si sveglia con la lingua terra di siena bruciata. tutto ricomincia.
per ricominciare, la mattina mi metto a scrivere prima che posso. le parole, mie e non mie, dapprima si confondono, poi prendono un verso poetico. e la tesi cresce, finalmente.
ma non basta, ci vuole un momento per guardare lontano. per mettere a fuoco la cosa più lontana possibile. di solito, in città, la cosa più lontana non è mai troppo lontana. di solito ci si può arrivare a piedi. e sì che invece a piedi in città non ci va mai nessuno, o quasi nessuno quasi mai.
sono stanco e insieme pieno di energie, perché ho capito, in parte, come distendere quel dito che mi addita, che mi dice che è tutta colpa mia se sono stanco.
stasera, andando via dal lavoro, vorrei non dover passare per casa, ma cercare un rifugio diverso. e invece no, so che se vado a casa e mi metto a leggere e scrivere tutto andrà meglio. fino alla ciambella di domattina. si ricomincerà.
per ricominciare ancora ci vuole una consegna, un piccolo rituale. ci vuole qualcuno che mi legga e sappia dirmi cosa ho sbagliato, e cosa ho fatto bene. a me fanno troppo male gli occhi, secchi anche loro per il fatto di guardare sempre vicino, e per le lacrime.
ma pensa che strazio, se non ci fosse il pianto.

qualcuno che non vedo da un po' mi ha dedicato per puro caso una poesia. una poesia fatta frasi quotidiane.

quoi qu'il en soit (comunque vada)
je compte sur toi (confido)
pour qu'on se voit (che ci si veda)
dès ton arrivée (al tuo arrivo)
dans le coin (da queste parti)
je te souhaite une bonne soirée (ti auguro una buona serata)
et ne fais pas semblant de travailler (e non far finta di lavorare)

9 commenti:

Unknown ha detto...

Se ci fai caso piangere è un'esagerazione del lacrimare.
Dobbiamo librificarci gli occhi di continuo come un prezioso ingranaggio.
Il sistema oculo/orbita è meraviglioso.
Il nervo ottico è uno dei pochi ad andare dritto al cervello.
Humor vitreo, amico mio ... humor!

O<-<

Domhir Muñuti ha detto...

ma sei già oltre lo specchio?

DRESSEL ha detto...

piangi quanto vuoi. devi piangere, se ne senti il bisogno. ma non fermarti per farlo

daniela ha detto...

Scrivevo proprio ora in un commento a Dressel, che secondo me il malessere personale di questo periodo è solo il riflesso di un malessere generale diffuso. Anzi, quasi quasi ora ci scrivo un post, fosse la volta buona che ricomincio a scrivere. :-)

Mi dispiace che stai giù, ma sono sicura che puoi trovare gli strumenti adatti per risalire. Lo diceva pure Daniele Silvestri. :-)

Domhir Muñuti ha detto...

@daniela: ma sì :) non voglio creare un caso attorno al mio malessere. è qualcosa che mi accompagna da sempre, periodicamente.
e sono d'accordo con te, è un problema diffuso, e ci si influenza reciprocamente.
io avverto una strana carenza di obiettivi "ideali". stavo per dire "concreti" ma mi sono accorto che è esattamente il contrario. non si tratta di laurearsi o lavorare, di cambiare città o amici. si tratta di tornare ad avere aspirazioni un po' folli, e un po' meno "di maniera". non è il caso di dipingersi attorno un mondo frivolo e grigiastro.
mi chiedevo sempre: da dove comincio?
ultimamente invece la domanda è: dove sono finito?

daniela ha detto...

Io credo che l'ideale e il concreto dovrebbero essere la stessa cosa, credo che dovremmo circondarci di ciò che fa bene a noi e agli altri, fosse questo laurearsi o al contrario andare a lavorare la terra.

Parli di aspirazioni un po' folli, credo sia perché per molti di noi sentirsi liberi è diventato talmente difficile che rusciamo a farlo solo nella "follia" mentre dovremmo invece sentirci così nella normalità di tutti i giorni, fosse pure una normalità un po' folle, l'importante è che ci appartenga.

Dove siamo finiti credo che negli ultimi tempi ce lo stiamo chiedendo tutti ogni giorno di più, ma tanto secondo me è questione di qualche anno e saremo tutti di nuovo perfettamente allineati.

Il malessere va bene, ma anche in quello c'è un'evoluzione. Se si sta male sempre allo stesso modo si rischia di annoiarsi sul serio. :-)

Domhir Muñuti ha detto...

:) attendo il tuo post, ancora non c'è!!!

daniela ha detto...

ok, lo sto scrivendo! :-)

Prisma ha detto...

Fai bene a tirare fuori almeno un po' quel groppone indigesto che chiami ciambella...
Io invece il più delle volte somatizzo di brutto, finchè non esplodo...
Ora che ci penso, è un po' che non piango...

È bella la poesia "involontaria" che ti hanno scritto... è ancor più bello averla saputa cogliere!