sabato 27 settembre 2008


Il vagare mio per biblioteche somiglia a stare in un film dei peggiori. Non c’è alcuna ricerca.

Un film dei peggiori, dicevo, di quelli che non si muovono, di quelli senza tatto, con la bella donna piantata a guardare un orizzonte che è un punto qualsiasi del fuoricampo e del set, perché il niente l’attrice bella non lo sa guardare mai, o lo sa abbastanza di rado; un film di quelli accecati e sordi di sordidi doppiaggi (doppia G), delay di lei, la bella, che fatica a star dietro alla voce della donna, invero brutta presumibilmente, che le sta dietro, o sta dietro la scena, chissà se nello spazio o nel tempo. Ma in ogni modo le due donne, l’attrice e la doppiatrice, stanno l’una dietro l’altra e l’altra dietro l’una. E il fastidio del doppiaggio è forse nel fatto che è la voce a star davanti alla scena, ed è la voce quello che ci interessa di più; il fastidio è che l’immagine, il labiale, non sa guarire le ferite della voce. Il labiale non si muove, è staccato dalla voce per definizione, perché la voce non è sulle labbra ma più in fondo, dove la macchina non può guardare. E anche se la macchina potesse, cosa mai potrebbe restituirci?

Lacan sostiene che il cinema è arte del sonoro, e così dice Chion. Il secondo lo fa per dare importanza ad un aspetto inspiegabilmente trascurato di quest’arte, stabilendo per compensazione un equilibrio tra due componenti inscindibili, almeno nel linguaggio cinematografico alla sua fase matura, che sembrerebbe essersi avviata da tempo; ma, su quest’ultima cosa, spero di sbagliarmi. Il primo invece sostiene che l’immagine, in sostanza, serve a solleticare il perineo degli spettatori impotenti.

Lacan, forse consapevolmente, suggerisce dunque che assistere ad un film sia un un’attività, e non una passività. Mi sto fissando su questa cosa, che leggere sia creare, scrivere sia riscrivere e riscrivere sia demolire. Sarà Carmelo Bene a spingermi verso posizioni simili: ci si mimetizza sempre col soggetto della propria tesi di laurea. Si è sempre un po’ soggetti alla propria tesi di laurea.

Ed ecco perché il vagare mio per biblioteche somiglia a stare in un film dei peggiori.

3 commenti:

DRESSEL ha detto...

anche questo post aveva un inizio e una fine e si capiva dove volevi andare a parare. non ti dispiace se me lo salvo, vero???

Domhir Muñuti ha detto...

cosa vuoi farci? cmq no, che non mi dispiace! qualcuno apprezza le mie teorie sul cinema!!!

Unknown ha detto...

e io? io che vengo portato a vedere l'ultimo film dei cohen? morto di sonno e annoiato dagli inutili dialoghi accartocciati in una storia irrilevante mi ritrovo al warner village a mettermi gli stuzzicadenti fra le palpebre ...
lacan non lo conosco, chion non me lo ricordo più.
"il labiale non sa guarire le ferite della voce" è vero, ma non sa riprodurne le interruzioni. oppure non sa più (come invece seppero fare) rendere arte comica i films cinesi di kung fu.
prendi un film e togli l'audio. prendi un cd degli air e mettilo su. ne avrai uno nuovo se non migliore. al limite rischierai di capirlo intimamente.
io lo faccio dormendo alle proiezioni, perchè il mio inconscio è molto pi intelligente di me.

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