giovedì 28 agosto 2008

mi viene il sospetto che il mio problema siano le parole, e lo siano sempre state. cioè, che il mio groviglio sia tutto un fatto di afasia. si direbbe che l'afasia sia piuttosto un sintomo che una causa?
non è detto; non ricordo chi sosteneva l'identità di linguaggio e pensiero. ma qualcuno la sosteneva, e io la sosterrei con lui. e quando due termini sono identici non sono tra loro legati -credo- da alcun rapporto di causa ed effetto. non è così?
il problema è non riuscire ad esprimersi, a trovare le parole adatte. salvo rari casi.
quando leggo i post degli altri, ad esempio, ho la sensazione che sapessero esattamente cosa dire prima di mettersi a scrivere. io non lo so mai, io parto e vado. e se questo metodo funziona in un post, nella vita no, non funziona.
è vero che ho sostenuto circa 40 esami universitari nella mia vita; ma è anche vero che ci ho messo 800 anni a sostenerli.
parlare, scrivere, trovare le parole, riempire gli spazi, comunicare, comprare il pane, chiamare qualcuno per nome o per l'appellativo adeguato (papà, mamma, zio, nonna) per me è sempre stato faticosissimo, impossibile. cerco e trovo sempre nomi alternativi per le persone che mi  circondano, e taluni (nomi) attecchiscono talmente bene sui destinatari da farne dimenticare -o quasi- il nome di battesimo al pubblico e a loro medesimi.
non so parlare, non so scrivere. sono incartato, non riesco ad esprimermi. e, quel che è peggio, tra due mesi scarsi ho l'ennesima scadenza per la consegna del malloppone-tesi.
devo salvarmi da cotanto melodramma, cambiare il corso di una storia ridicola che mi condanna alla condizione di laureando a tempo indeterminato. U. Eco, nel suo celebre libro "come minchia si fa una cazzo di tesi di laurea di merda" dice che la mia sindrome è diffusa, e che si tratta di un alibi per tante viltà.
non so cosa passa per la testa al mio inconscio, ma io giuro dinanzi a questa corte, poggiando il palmo della mano destra non già sulla bibbia ma sul dvd di carmelo bene che ho qui sulla scrivania, giuro, dicevo, che non ho paura del dopo e che invero non ne posso proprio più di questa situazione che oserei definire "noiosa".
contribuite alla causa con qualche insulto, please.

9 commenti:

DRESSEL ha detto...

Per il fatto che ritieni di non saper scrivere ti becchi un bel vaffanculo diretto. Per il resto, dicono che si dovrebbe pensare a una cosa per volta, anche se non è facile. E poi, a me piace leggerti proprio perché sei così bravo a improvvisare, talmente bravo che non si capisce mai dove vuoi andare a parare. E guarda che questo è un pregio...

Domhir Muñuti ha detto...

grazie per il vaffanculo e per il resto :)
pensare una cosa per volta per me è impensabile, perché mentre penso che devo pensare a una cosa per volta sto già pensando a qualcos'altro.
forse anche per questo ogni pagina mi costa sette camice (o camicie?)

DRESSEL ha detto...

Ciliege o ciliegie? Bah... Avere tante idee è bello, ma più ne hai, meno ne metti in pratica. E stare fermi è la cosa più sbagliata. Saluti dal cantiere. 'sti giorni qua non c'è una mentula da fare e non lo sopporto.

Unknown ha detto...

La cosa che non mi piace è il tuo rassegnarti ad un futuro noioso ...
La cosa che mi piace è il vederti annoiare davanti al presente.
E' il solo stimolo che trovi.
Eppur si muore
O<-<

Domhir Muñuti ha detto...

ma io non mi rassegno ad un futuro noioso! sarebbe un bel passo avanti.. è il sogno di un futuro radioso che mi acceca. quando invece bisognerebbe badare a non annoiarsi oggi, appunto.

Prisma ha detto...

Un altro vaffa te lo becchi anche da me :D
Se te non sai scrivere, io so' cinese :D

Se ti può consolare, spesso non so nemmeno io cosa voglio dire prima di mettermi a scrivere.
Parto e vado...
Poi, nel caso, limo e vado di scalpello...
E così faccio anche nella vita.

In fondo in fondo so quello che voglio, ma poi la mia esistenza è tutta un susseguirsi discontinuo di istinto e volontà, conditi da una buona dose di sincronicità.
Minimo comun denominatore "inconscio-ma-non-troppo":
la mia totale insofferenza a essere incasellata all'interno del "sistema".

Tutto ciò per dire:
che il metodo "parto e vado" può funzionare anche nella vita. Dipende da cosa cerchiamo...

Domhir Muñuti ha detto...

è un vero piacere scoprire che non solo il solo a funzionare in questo modo qui. che poi a pensarci bene anche io so cosa voglio.
e anch'io sono insofferente agli incasellamenti.
bene, allora.

Domhir Muñuti ha detto...

ps
quanto al mio presunto "saper scrivere", insisto su un concetto: per me scrivere è faticosissimo. mi viene in mente fenoglio, e con ciò non voglio in alcun modo paragonarmi a lui: diceva così, di soffrire, di faticare enormemente per tirare giù una pagina.
ci saranno problemi più gravi in una vita. ma c'è da dire che quando decidi di misurarti, anche da dilettante, con qualcosa di orribile e vacuo come le lettere, prima o poi incappi nel quesito: a che serve scrivere? il romanziere, ad esempio, non è forse un ladro? peggio, un impostore?
come si fa a consacrare una vita alla 'ricerca del tempo perduto' o alla 'commedia'?
è buffo che lo stesso non mi capiti con la musica. quando scrivo o ascolto una canzone, un'aria, un gingle pubblicitario penso in termini di bello-brutto; mai di utile-inutile.

DRESSEL ha detto...

No, non ci credo. La cosa dell'utile-inutile ce l'ho anch'io! Poi c'è quello che incide e quello che ti scivola addosso.