Diciamo che compro un biglietto, lo faccio; e parto, intorno al 2 Gennaio. Sto via qualche giorno e vado a Reggio Emilia.
No, il biglietto non l'ho preso e forse non lo prenderò. Dipende da come vanno a finire una serie di cose. Ma siccome la fantasia batte la realtà 99, 9 volte su cento, io combatto la fantasia con un'altra fantasia. Fantasia solitaria, perchè parto da solo e vado, se vado, a Reggio Emilia.
Diciamo pure che odio le mie radici. Me ne sbatto di DeFilippo, Totò, DeSimone, Troisi, Murolo e tanti altri. Mi piacerebbe rinascere emiliano figli di emiliani. Dialetto più gentile, altro clima e punto d'osservazione. Vacanze di Natale in famiglia vicino Reggio Emilia e non in un posto buco di culo vicino Napoli con vista sul Vesuvio.
Ma, diciamo pure: io a Reggio Emilia non ci sono mai stato. Non so proprio come sia fatta e non riesco neanche a immaginarmela.
Per questo (forse) vado.
M'immagino: una partita a carte, sempre la stessa tutti gli anni. Solo che quest'anno è venuta a mancare una carta. Non una carta qualsiasi ma una figura.
Ehi, ehi, ehi...qui c'è qualcosa che non va. Che fine ha fatto il nove di coppe?
Non c'è più.
Come non c'è più?
Non c'è più.
Allora non si può mica giocare!
Si gioca lo stesso.
E come si fa?
Si gioca lo stesso e si fa finta di niente.
C'è chi trova 10 euro nella tasca di un vecchio pantalone che non mette più.
Io sogno la ragazza della lavanderia che trova il mio nove di coppe nella manica della giacca che le ho dato da lavare. L'avevo nascosto così bene da non riuscire più a trovarlo. Forse è per questo che si dice i panni sporchi si dovrebbero lavare solo in famiglia.
Ma come si chiama questo gioco?
Non me lo ricordo più.
E quando finisce?
Un'idea della reincarnazione: un grande cesto, un pallottoliere che contiene tante anime, ciascuna contrassegnata dal proprio numero specifico, da 1 a 90. Qualcuno, una mano qualsiasi, scuote il cesto ed estrae attraverso una minuscola fessura, in maniera del tutto disordinata, senza alcun principio se non la più insensata casualità, un'anima alla volta.
Per rimediare allo scempio del suo atto che qualcuno trova pure divertente, dispone le anime, una alla volta su un enorme tabellone. Per ogni anima un posto e solo quello, al numero corrispondente e tutti i numeri sul tabellone sono messi in fila, uno affianco all'altro, divisi in orizzontale per decimali, in verticale lungo la linea del cinque. Ecco, l'illusione di un ordine cosmico e tu caro 49, è meglio che ti adatti perchè 49 sei e 49 resti e stai tra il 48 e il 50. In caso contrario la tua unica speranza è di non uscire, restare a dormire nel caos imperscrutabile e ingovernabile ma del tutto limitato del pallottoliere. Mentre magari qualcuno fuori aspetta proprio te per esultare il compimento della sua vittoria senza senso.
Poi una volta finito, la mano che ti ha estratto ti rimette nel cesto, pronto per un'eventuale nuova vita che illuminerà o meno un'inedita combinazione di eventi.
Ma ecco che la distrazione, la fretta o un raro gesto di insubordinazione delle cose inanimate ti libera dal tuo destino e tu finisci chissà dove. Sotto il mobile in legno, dietro il comodino schiacciato alla parete.
Che fine ha fatto il 49?
Non si trova più. Cerca ancora. Niente da fare.
Ed ecco che l'assenza di un solo numero, perduto per sempre?, fa saltare tutte le regole del gioco e mette in crisi un'intera cosmogonia tramandata da generazioni. Evvai!
49, ti amo.
Ho fatto un sogno erotico nel pomeriggio, a ridosso del pranzo che ho saltato. Forse per compensazione tra appetiti?
Non ricordo l'inizio, ma che importa? Ricordo abbastanza bene la fine!
C'è questa donna bassina, un po' tarchiata e pure bruttina ma con due seni enormi che non so chi sia. La faccio spogliare, ci finisco sopra e Ole! mi ci accanisco con una foga faticosa che non mi riconosco. Tanto esagerata che a un certo punto mi sveglio, come ogni volta che il sogno si sta facendo inverosimile, e mi ritrovo con la mia verosimile erezione, qualcosa che conosco bene e che tutto sommato mi ridimensiona. Perchè uno che si sveglia da un sogno così come minimo si aspetta di ritrovarsi all'improvviso qualcosa di mostruoso tra le gambe. Invece si ritrova il solito vecchio pisello che conosce bene, stretto dalla stoffa delle mutande, che rivendica la sua prossima liberazione con comunicati osceni e provocatori al mio cervello benpensante affaticato dormiente.
E tu lettore, ridi pure quanto ti pare, ma è una settimana che faccio sogni erotici a occhi chiusi, di solito così poco frequenti.
Il bello è che mi chiedo che ci azzecca col fatto che sono in ferie per Natale, lontano da casa e soprattutto lontano, fisicamente lontano, dagli oggetti delle contorsioni del mio desiderio; e col fatto che i sogni siano cominciati nel posto più lontano dal sesso che io conosca, cioè la casa dei miei nonni materni, dove si respira piuttosto l'odore di urina del catatere di mia nonna e, a livello morale, l'integralismo cattolico di mio nonno, indurito dagli anni; dove la limitatezza degli spazi rende impossibile la privacy, dove regna un'aria di morte o perlomeno di cose morte, di epoche passate, dove il Natale 2007 si sovrappone ad altri venti e ad altre estati, tanto che credo la casa non regga più il peso dei ricordi perchè anche una vasca da bagno o una tazza del cesso mi parla di qualcosa che è successo; dove non posso fare altro che cercare di tenere a bada l'ansia col cibo e coi libri e ritrovarmi triste, anestetizzato, appesantito, invecchiato.
C'è così poco di erotico in quel posto eppure mi addormento e sogno sogni erotici indefinibili, di quelli che scompaiono al risveglio.
Fino al sogno di oggi pomeriggio, quello con la tettona, molto più vivido.
Forse è perchè proprio oggi sono tornato a Roma, sono cioè tornato alla mia vita, alle mie abitudini, ho cioè ripreso possesso della parte autentica di me e il corpo a modo suo sussulta per la liberazione dell'anima.
No, il biglietto non l'ho preso e forse non lo prenderò. Dipende da come vanno a finire una serie di cose. Ma siccome la fantasia batte la realtà 99, 9 volte su cento, io combatto la fantasia con un'altra fantasia. Fantasia solitaria, perchè parto da solo e vado, se vado, a Reggio Emilia.
Diciamo pure che odio le mie radici. Me ne sbatto di DeFilippo, Totò, DeSimone, Troisi, Murolo e tanti altri. Mi piacerebbe rinascere emiliano figli di emiliani. Dialetto più gentile, altro clima e punto d'osservazione. Vacanze di Natale in famiglia vicino Reggio Emilia e non in un posto buco di culo vicino Napoli con vista sul Vesuvio.
Ma, diciamo pure: io a Reggio Emilia non ci sono mai stato. Non so proprio come sia fatta e non riesco neanche a immaginarmela.
Per questo (forse) vado.
M'immagino: una partita a carte, sempre la stessa tutti gli anni. Solo che quest'anno è venuta a mancare una carta. Non una carta qualsiasi ma una figura.
Ehi, ehi, ehi...qui c'è qualcosa che non va. Che fine ha fatto il nove di coppe?
Non c'è più.
Come non c'è più?
Non c'è più.
Allora non si può mica giocare!
Si gioca lo stesso.
E come si fa?
Si gioca lo stesso e si fa finta di niente.
C'è chi trova 10 euro nella tasca di un vecchio pantalone che non mette più.
Io sogno la ragazza della lavanderia che trova il mio nove di coppe nella manica della giacca che le ho dato da lavare. L'avevo nascosto così bene da non riuscire più a trovarlo. Forse è per questo che si dice i panni sporchi si dovrebbero lavare solo in famiglia.
Ma come si chiama questo gioco?
Non me lo ricordo più.
E quando finisce?
Un'idea della reincarnazione: un grande cesto, un pallottoliere che contiene tante anime, ciascuna contrassegnata dal proprio numero specifico, da 1 a 90. Qualcuno, una mano qualsiasi, scuote il cesto ed estrae attraverso una minuscola fessura, in maniera del tutto disordinata, senza alcun principio se non la più insensata casualità, un'anima alla volta.
Per rimediare allo scempio del suo atto che qualcuno trova pure divertente, dispone le anime, una alla volta su un enorme tabellone. Per ogni anima un posto e solo quello, al numero corrispondente e tutti i numeri sul tabellone sono messi in fila, uno affianco all'altro, divisi in orizzontale per decimali, in verticale lungo la linea del cinque. Ecco, l'illusione di un ordine cosmico e tu caro 49, è meglio che ti adatti perchè 49 sei e 49 resti e stai tra il 48 e il 50. In caso contrario la tua unica speranza è di non uscire, restare a dormire nel caos imperscrutabile e ingovernabile ma del tutto limitato del pallottoliere. Mentre magari qualcuno fuori aspetta proprio te per esultare il compimento della sua vittoria senza senso.
Poi una volta finito, la mano che ti ha estratto ti rimette nel cesto, pronto per un'eventuale nuova vita che illuminerà o meno un'inedita combinazione di eventi.
Ma ecco che la distrazione, la fretta o un raro gesto di insubordinazione delle cose inanimate ti libera dal tuo destino e tu finisci chissà dove. Sotto il mobile in legno, dietro il comodino schiacciato alla parete.
Che fine ha fatto il 49?
Non si trova più. Cerca ancora. Niente da fare.
Ed ecco che l'assenza di un solo numero, perduto per sempre?, fa saltare tutte le regole del gioco e mette in crisi un'intera cosmogonia tramandata da generazioni. Evvai!
49, ti amo.
Ho fatto un sogno erotico nel pomeriggio, a ridosso del pranzo che ho saltato. Forse per compensazione tra appetiti?
Non ricordo l'inizio, ma che importa? Ricordo abbastanza bene la fine!
C'è questa donna bassina, un po' tarchiata e pure bruttina ma con due seni enormi che non so chi sia. La faccio spogliare, ci finisco sopra e Ole! mi ci accanisco con una foga faticosa che non mi riconosco. Tanto esagerata che a un certo punto mi sveglio, come ogni volta che il sogno si sta facendo inverosimile, e mi ritrovo con la mia verosimile erezione, qualcosa che conosco bene e che tutto sommato mi ridimensiona. Perchè uno che si sveglia da un sogno così come minimo si aspetta di ritrovarsi all'improvviso qualcosa di mostruoso tra le gambe. Invece si ritrova il solito vecchio pisello che conosce bene, stretto dalla stoffa delle mutande, che rivendica la sua prossima liberazione con comunicati osceni e provocatori al mio cervello benpensante affaticato dormiente.
E tu lettore, ridi pure quanto ti pare, ma è una settimana che faccio sogni erotici a occhi chiusi, di solito così poco frequenti.
Il bello è che mi chiedo che ci azzecca col fatto che sono in ferie per Natale, lontano da casa e soprattutto lontano, fisicamente lontano, dagli oggetti delle contorsioni del mio desiderio; e col fatto che i sogni siano cominciati nel posto più lontano dal sesso che io conosca, cioè la casa dei miei nonni materni, dove si respira piuttosto l'odore di urina del catatere di mia nonna e, a livello morale, l'integralismo cattolico di mio nonno, indurito dagli anni; dove la limitatezza degli spazi rende impossibile la privacy, dove regna un'aria di morte o perlomeno di cose morte, di epoche passate, dove il Natale 2007 si sovrappone ad altri venti e ad altre estati, tanto che credo la casa non regga più il peso dei ricordi perchè anche una vasca da bagno o una tazza del cesso mi parla di qualcosa che è successo; dove non posso fare altro che cercare di tenere a bada l'ansia col cibo e coi libri e ritrovarmi triste, anestetizzato, appesantito, invecchiato.
C'è così poco di erotico in quel posto eppure mi addormento e sogno sogni erotici indefinibili, di quelli che scompaiono al risveglio.
Fino al sogno di oggi pomeriggio, quello con la tettona, molto più vivido.
Forse è perchè proprio oggi sono tornato a Roma, sono cioè tornato alla mia vita, alle mie abitudini, ho cioè ripreso possesso della parte autentica di me e il corpo a modo suo sussulta per la liberazione dell'anima.
2 commenti:
avevo adocchiato il tuo post ieri sera ma l'ho letto solo ora, proprio all'inizio del mio turno di mattina. sarà una lunga giornata la mia. bel modo, il post, di inaugurarla.
ps: ti ho intravisto passeggiare al centro di ostia verso le 5 e mezza del pomeriggio di ieri, avevi l'aria di chi DEVE fare un regalo..
Nessun regalo. Dovevo perdere solo un po' di tempo e cercavo tentazioni consumistiche. Invano. Mi sono rifatto negli ultimi giorni.
Vedo che hai reso più difficoltosi i commenti.
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