martedì 26 dicembre 2006

La vita, la morte, la cocaina, i tarallucci e il vino (pranzo di Natale in tre atti)


I

Ahhh yes, la vita, vida, life, vie, Leben…
Mentre si dibatte sulla sacralità o meno della vita… il caso Welby che con puntualità luciferina si infiamma ( o si spegne) proprio sotto Natale, lasciandoci con uno sbotto di fiele in bocca che poco si adatta al clima di festa; e con qualche accenno di discussione, rancore anti-clericale, che finisce masticato per benino insieme alle porzioni sempre molto abbondanti del cenone e termina disciolto dai succhi gastrici della nostra coscienza-stomaco provocando un’acidità indesiderata ma passeggera...
Mentre il caro Higuerra ci augura a tutti “buona vita” in virtù della sua recente e spero definitiva redenzione dal suo cammino di peccatore…
Mentre io mi sento tremare ogni qual volta sento pronunciare questa parola: VITA!, perché assomiglia a un affronto chiamarla a voce piena…
La mia concezione di sacralità della vita ha uno strano senso religioso. E’ come per gli ebrei che non possono pronunciare il nome di dio…
Soltanto: la vita mi spaventa.
Mi spaventa chi nomina la vita come se lasciasse intendere il suo dominio su di essa e non invece il suo esserne totalmente soggiogato e alla sua mercè…
Mi spaventa la vita quando si conta in respiri o rantoli che scivolano via e ognuno sembra l’ultimo, quando si ostina a non andarsene da chi non desidera altro che morire…Mi spaventa quando mi accorgo che sto perdendo tempo, che indugiare nella sofferenza non porta a niente…
Mi spaventa la sua pigrizia…
Mi ha spaventato quella ragazza che, seduti a un tavolino di un bar, mentre sorseggiavo Coca Cola mi ha detto: “ Io voglio soprattutto vivere!”. Avrei voluto ammalarmi di lei perché cambiasse il mio dna, mi indicasse la strada che porta ai luoghi oscuri e alle piazze assolate, mi salvasse con un bacio dalla mia maledizione di rospo.
La vita vera assomiglia all’affanno…
O è una gomma da masticare che lascia un succo, macchia i denti e intanto ti avvelena…
E’ il vento forte che ti spinge all’indietro…
E’ l’onda che ti trascina a riva…
A volte è nel sapore delle sigarette…
Ma è anche nella pausa della lancetta prima di scattare per un nuovo secondo.
E’ dovunque, in ogni angolo. E intanto la si cerca dappertutto e sembra irraggiungibile.


II

Mi è stato fatto un solo regalo a Natale. Devono aver capito che non sono facile da accontentare e hanno smesso di regalarmi cose inutili.
Però quest’anno sul fondo di un pacchettino ho trovato “Gomorra” di Roberto Saviano.
Bang! Colpito in pieno! 1000 punti!
Non me l’aspettavo proprio.
Grazie!
Tralascio qualsiasi altra lettura e mi ci tuffo a testa bassa.
La scrittura è fluida quanto basta, molto dettagliata, ha gli accenti del reportage e i colori del romanzo d’orrore. Saviano è documentatissimo, sembra conoscere bene l’argomento trattato e – maledetto!- è giovanissimo (classe 1979!).
Quello che mi colpisce è l’ampiezza del suo discorso. La camorra non è un fatto limitato, locale. E’ una criminalità ramificata, potente e vicinissima a chiunque. Non è una realtà segreta e inaccessibile ma il lato complementare e oscuro del mondo conosciuto.
I boss non sono dei briganti ottocenteschi ma evoluti, oscuri, aggiornatissimi imprenditori di alta finanza. Applicano per davvero, e senza l’ingerenza e i controlli dello stato, il principio del liberismo economico più sfrenato. Sono una multipotenza che fattura cifre da capogiro, arriva dovunque nel mondo. Sono anche un enorme laboratorio d’osservazione e studio nel reale per le teorie economiche, sociali e filosofiche.

I criminali, tutti, sono un esempio concreto di nichilismo attivo. La criminalità non discute ma realizza davvero un completo ribaltamento di tutti valori e di ogni morale. La vita di un criminale è un feroce e limpidissimo esempio di volontà di potenza; e al tempo stesso una corsa verso la morte, attraverso la morte- una sfida persa in partenza. Il più delle volte verso una morte violenta.
La morte è dovunque in “Gomorra”, già dalla prima pagina.
La cosa più sorprendente è che Saviano è chiaro che ha paura, una paura maledetta. Le morti che descrive sono atroci: cadaveri ammassati, crani che si spaccano, omicidi con la motosega, mitragliate che falciano sedicenni, colpi in fronte o al cuore, sangue, interiora, escrementi, cattivi odori.
Saviano ha paura della morte. “La morte è schifosa”, lo dice lui. Eppure si è scritto la sua condanna a morte lunga trecento pagine e diventata un best-seller che io leggo comodamente seduto in poltrona.


III

Ma tra le molteplici prospettive di fuga che offre il suo libro quella che mi ha colpito di più è una piccola parentesi. Riguarda l’evoluzione del mercato degli stupefacenti e l’ascesa della cocaina come droga di massa.
Riporto il passo alla lettera:

“Il mercato secondiglianese ha superato le vecchie rigidità dello smercio di droga; riconoscendo nella cocaina la nuova frontiera. In passato droga d’élite, oggi grazie alle nuove politiche economiche dei clan è divenuta assolutamente accessibile al consumo di massa […]. Il 90% dei consumatori di cocaina secondo le analisi del gruppo Abele sono lavoratori o studenti.
La coca si è emancipata dalla categoria di sballo, diviene sostanza usata durante ogni fase del quotidiano, dopo le ore di straordinario, viene presa per rilassarsi, per avere ancora la forza di fare qualcosa che assomigli a un gesto umano e vivo e non solo un surrogato di fatica.
[…]
Un solvente della fatica, un anestetico del dolore, una protesi della felicità.

Ci sono rimasto secco.
Mi ha detto qualcosa che era sotto i miei occhi ma non riuscivo a mettere a fuoco.
Adesso, da qualche anno ho incontrato davvero un numero sempre maggiore di gente che fa uso di coca. Gente insospettabile: coetanei, studenti, colleghi; il direttore della testata giornalistica per cui ho lavorato, padre di famiglia e di sani principi, non disdegna la botta abituale; soprattutto nel sottobosco del cinema e della televisione. Però quasi tutta gente comunissima.
Ho imputato questo ai rischi del mestiere e della maggiore età.

Un amico mi ha detto un giorno: “La cocaina sarebbe la droga ideale per te.” Intendeva dire che sono un tipo poco dinamico e incline alla depressione. Ma questa cosa la sapevo già: me l’hanno detta- in altri termini- mia madre, insegnanti, psicologi, gente incontrata su un treno e mai più rivista, le donne che ho amato.
Non ho mai fatto uso di coca, sia ben inteso. Neanche voglio colpevolizzare chi lo fa. Non voglio intavolare un discorso sulla liberalizzazione o meno. Fate come vi pare, fate quello che volete.
Io la coca non la prendo soprattutto perché mi fa paura. Come la vita.
Anzi, la cocaina assomiglia pure alla vita. Alla vita che sembra sottintesa nella parola, alla vita che è brama di vita, che ognuno vorrebbe sentire battere forte nel petto e che si avvicina pericolosamente alla morte.
Per quel che mi riguarda ho capito una cosa molto scema. Mi sento vivo con la musica alta nelle cuffie. Mi sento rinascere con un riff di chitarra, anche dei più stupidi ma di potenza efficace. Mi sento vibrare quando sento Jeff Buckley cantare “Grace”, o quando i Rammstein suonano “Du hast”, nella rullata di batteria di “LA woman”, nell’urlo primitivo di qualche voce del rock. Certe volte anche un gruppo di merda come i Placebo (nome azzeccatissimo!) può funzionare alla grande.
Aveva ragione Elio. Il jazz, la fusion… si vabbè: ma il rock’n roll!
Sarà pure musica del demonio, come diceva un certo Ratzinger in tempi non sospetti, ma mi ha salvato la vita in più occasioni.

8 commenti:

s(k) ha detto...

Caro Higuerra, considera questo il mio regalo di natale. Spero ti piaccia.
Sto sfiorando di brutto la lunghezza dei post di Dandapit sul suo blog. Uh.
Le premesse perchè passassi un natale di merda c'erano tutte. Per fortuna la profezia si è avverata solo in parte.
Prima che qualche spiritoso domandi se faccio pubblicità a qualche prodotto, azienda o libro nel post rispondo: certo che no! Anzi si: al libro di Saviano. Però non percepisco guadagni.
Speriamo solo che nessuno faccia storie.
E comunque, si, sono sempre una sega ad allegare le immagini.

Anonimo ha detto...

K...sei stupefacente!
ogni volta che ti leggo, mi stupisco per qualcosa!
Ho letto il post...glu glu glu...con un interesse crescente e sempre più sbalordita dalla crudezza di ciò che man mano mi trovavo davanti... Poi ho pensato pure, guardando l'immagine della Coccoina, che cominciavi a saper inserire bene le immagini ai post..
E l'ultima è stata leggere, qui ai commenti, il paragone con i miei post!!!
ah ah ah!!
bene, bravo!!
Ora che commento fare?
Hai inserito mille argomenti, tutti densi e complessi, intrecciandoli ben benino nello spazio luogo/temporale di un post ..."post-natalizio"!
...
Sono ora rimasta ferma, per un po', davanti alla tastiera a cercare una cosa breve da dire, perchè gli argomenti che sollevi sono tantissimi, e troppo ci sarebbe da scrivere!
La cosa più breve è:
quando tu parli della vita, e del fatto che ti fa paura...ecco, a questo mi fai pensare, che è il tuo grande amore per essa che ti fa porre tante domande e tante premure verso di lei, senza cocaina, "sopportandoti" nel tuo, come dici tu, essere rospo!
...per il resto servirebbe un tavolo e dei bicchieri...non uno spazio per brevi commenti!

Anonimo ha detto...

Io ci ho messo un bel pò di tempo a capire che la vita mi spaventa almeno quanto la morte; di qui la conclusione che tra le due cose non passa poi questa grande differenza; si dice comunemente che per amare la morte bisogna prima amare la vita e, nonostante sia un luogo comune, credo che nasconda una grande verità; cosa significhi poi amare la morte, o amare la vita, non lo so, ma forse bisognerebbe chiederlo alla ragazza che, nel bar, ti ha detto di voler soprattutto vivere.
Dici che ti spaventa chi parla della vita come se ne avesse il pieno controllo, ma a me spaventa pure chi ne è alla mercè; non credo che rispettare la vita significhi subirla, come non significa dominarla. Del caso Welby non parlo, chè significherebbe aprire un ulteriore dibattito, e non voglio; però ci tengo a dire che a me spaventa il putiferio che si è scatenato sull'argomento in questione, come se tutti avessero qualcosa da dire e considerassero fondamentale la loro opinione; io avrei apprezzato di più parole o silenzio velati di sacro, e non parlo in senso religioso... intendo la sacralità di cui parli tu, K, quando dici che ti senti tremare ogniqualvolta senti pronunciare la parola "vita". Non avrei preferito un silenzio vigliacco, questo no; ma nemmeno tanta boria nel pensare che sia così semplice la soluzione per un problema della portata dell'eutanasia. E invece tutti sanno cosa dire, tutti si sentono nel giusto. Questo mi ha spaventato, davvero; io, che forse pecco di indecisione, cosa sia giusto non lo so, ma mi disturba l'arroganza, la presunzione di chi crede di aver in mano le chiavi di quel mistero che la vita è e che, a volte, dovrebbe rimanere. E ripeto, non per reticenza; per sacralità, che è tutta un'altra cosa.
Il tuo post è molto bello, K; e tutti i rospi, si sa, sono destinati a trasformarsi in principi; bisogna soltanto considerarsi degni di essere baciati da una principessa.
Spero che perdonerai, ancora una volta, il mio anonimato, ma mi sarebbe dispiaciuto tacere di fronte a parole così belle. Direi che hai fatto a Higuerra un bellissimo regalo di Natale.

s(k) ha detto...

Anoninmo: è la seconda volta che ti perdono. Quindi non passi di qui proprio per caso.
Ma ti conosco?
Se la risposta è sì forse conosci anche i modi per farmelo capire senza passare dal blog.
Però grazie di nuovo perchè si vede che leggi con molta attenzione.

s(k) ha detto...

Dandapit: per il tavolo e ci bicchieri ci possiamo organizzare.
Sono a Roma da ieri e ci rimango. Quindi, famme sapè.

Anonimo ha detto...

Sei mi hai perdonato per ben due volte, perdonerai anche i miei frequenti passaggi qui: non sono casuali, nulla è casuale, però non ci conosciamo, no. Non conosco nè te nè Higuerra. Non ancora, per lo meno.

s(k) ha detto...

Bè, sei un po' misterioso.
Torna quando vuoi. Anche se questa non è proprio casa mia ma di Higuerra.
Io sono solo un ospite molto invadente.

Anonimo ha detto...

...Come ti faccio sapè?
Un incontro da Feltrinelli con un garofano rosso all'occhiello sia tu che io?
;o)
...mo' te faccio sapè...