domenica 14 dicembre 2008


ma che ne so...

sto leggendo Elianto, dopo anni d'acquolinica ammirazione per la copertina. mi attraggono anche quelle di Allende, ma non ho letto mai niente di lei. Benni l'ho conosciuto altrove, nel Bar sotto il mare e in Terra!, eppure mi ha nuovamente sorpreso.
eh, sono belle le parole, ma la copertina (materiali, forme, dimensioni, colori, font) in genere è metà del valore di un libro.
da anni mi esercito con la scrittura - ben riconoscendomi limiti impietosi - quasi solo per questo: per darmi una chance in più di vedermi stampato nomeccognome su un tascabile, di marca Einaudi, Bompiani, Feltrinelli, in ordine di preferenza, senza disdegnare affatto Mondadori (altrimenti, uno, qui, tra idiologie ed equosolidame, non sa più come muoversi, e di questo parleremo tra poco). certo, se poi mi tocca un Newton&Compton, oh, va bene lo stesso.
ma la riflessione è tutta un'altra.
stanno sparendo le terre di mezzo. agonizza la promiscuità di segni e materiali eterogenei che per decenni ha informato l'era del post. sbiadisce l'insegna al neon del ristorante brasiliano sulla statale cassia bis, roma-viterbo.
e non si tratta di crisi di identità, è tutto il contrario: è la fine del métissage.
c'è il bisogno endogeno ed epidermico di nuovi classici, di parole scritte tra oggi e domani che sappiano durare in eterno. anche nella musica, c'è un collasso concavo, vertiginoso, c'è Gauss rovesciato, tra sperimentazione e spegnimento: da un lato la frenesia el-etnonica, la diarrea della diversità ad oltranza; dall'altro la costipazione videofoninica. la differenza tra già detto e non detto è irrilevante.
sto dipingendo scenari manichei, lo so, e non è giusto, lo so. ma dev'esserci la fede nell'urgenza del fuoco e del marmo. c'è ri-bisogno che dio parli con gli artisti del mondo e li metta in riga, bisogna mettere a pizzo un gruzzolo per i posteri. un'eredità onesta, magari non cospicua, ma equilibrata, giusta di sale.
che figura ci facciamo, altrimenti? ci sono in giro menti vive, capaci di interpretare la laide époque e di far fiorire l'universo. ma devono interpretare senza irridere, riparandosi dalla tentazione di distruggere, iniziando a parlare un linguaggio serio, fondato tanto sull'entusiasmo e l'azione quanto sul ragionamento e la pausa. altrimenti si strapiomba lì, tra flusso e riflusso.

onestamente non so più cos'è ciò di cui parlo. via via la scrittura ha cancellato l'idea.
il problema è sempre lo stesso, non so che dire ma lo dico. è colpa di quelli come me se non succede più niente.

5 commenti:

Radio Pazza ha detto...

hai ragione! è colpa tua! magari se affronti il tema politico riuscirai ad evitare che succeda qualcosa di brutto ... come una preghiera inversa.

Bak

ps. fantastica citazione di Gauss

Stefano ha detto...

Confesso, ho letto l'articolo solo perché c'era la normale come illustrazione.. Forse una volta i classici erano tanto interessanti ex ante da non aver bisogno di una copertina? Mah, mundus senescit..

Mason

Radio Pazza ha detto...

@Mason: Allora esisti ed agisci su webc... che stronzo sei a non farti sentire mai.

Stefano ha detto...

@Bak: Bellah

Choppa ha detto...

Trovo che nella tua scrittura ci sia un'attenzione estrema verso forma, effetto e musicalità, e il rischio è sempre quello: privilegiare questi aspetti a scapito dell'efficacia. Stanca delle ridondanze, ho scoperto nella nuova letteratura americana (Augusten Burroughs, Chuck Palahniuk, Dave Eggers...) un'asciuttezza e una lucidità onirica che so potresti apprezzare.
Se rappresentino i nuovi classici non so; di certo possiedono una delle chiavi della realtà odierna.

(ps: Elianto è il miglior romanzo di Benni, secondo il mio umile capo ricoperto di cenere).