mercoledì 31 gennaio 2007

Submarine tales

Scrivo al computer e all'improvviso mi sento un gluugruubbbbr dietro le spalle. Faccio un salto sulla sedia, mi alzo di scatto e mi giro.
Ma nella stanza sono solo.
Cosa è stato?
Il rumore veniva da dietro la grande borsa da lavoro che ho sulla mensola vicino al letto. Do pure un'occhiata. E' come se qualcuno mi avesse fatto una pernacchia nell'orecchio.
Ma chi? Un microtroll, forse.
Invece è Augusto, il padrone di casa, che sta trapanando il muro nella stanza accanto. Grandi lavori in questi giorni. Per prima cosa abbiamo un lavandino nuovo.
Poi un coinquilino in meno.
Santiago se n'è andato. L'ultima sera ci ho fatto il dialogo più lungo da quando sto qui dentro. Sarà durato, che so?, due minuti forse.
L'umidità mi sta uccidendo, dice lui. Ti dovrebbero rimborsare le spese dopo un po' che stai qua.
Se ne va in un appartamento non lontano.
Gli chiedo quanto tempo è che abita nel sottomarino.
"Un anno e mezzo. Troppo no?"
Credo proprio di sì.

Il padrone di casa è un tipo sudamericano. Sudamericano di dove non lo so.
Ho qualche sospetto sia argentino. Ha questi baffetti che piacciono solo ai sudamericani, si infila un cappellino in testa che sembra proprio Mario Bros. Oggi ha pure la salopette blu da lavoro.
Entra in stanza che sto suonando la mia air drum sulle ginocchia, lo strumento musicale più economico del mondo. Come? Non sapete cos'è un'air drum?
La batteria inesistente.
Esistono anche la air guitar, l'air bass, l'air keyboards e così via. Strumenti molto facili da suonare, specialmente se in playback.
Io sto suonando a ritmo di "Grace" Jeff Buckley. A cantargli appresso proprio non gliela posso fà. Non è un problema di "air" stavolta. Ce n'è abbastanza nei polmoni ma quando esce fuori non fa lo stesso effetto che con lui.
Così alzo solo un poco il volume, in modo che chi passa davanti la mia finestra aperta si chieda almeno da dove venga quella musica.

Insomma, entra il padrone di casa e mi dice sta arrivando Elisa.
Io scherzo e dico che allora devo fare un po' d'ordine per fare bella figura.
Chi sia questa Elisa non lo so.
Sempre il padrone di casa ieri sera è passato e scherzando ci ha chiesto: "Cari ragazzi, fra pochi giorni arriva un nuovo inquilino. Voi che preferite? Un maschiaccio brutto o una bella fighetta?"
I termini erano proprio questi.
Se Elisa è quella che ci ha descritto dovrebbe essere una svedese che fa la barman acrobatica. E il parone di casa che non sapeva che lavoro fosse il barman acrobatico l'ha scambiata per una cubista, facendo una gaffe.
Vabbè, tra qualche minuto conosco questa Elisa.
Secondo me il padrone di casa ci sta prendendo per il culo...

Fra qualche minuto mi vesto e vado a Ostia.
Piccolo turno di lavoro pomeridiano.
Sono due, tre giorni che vado a piangere in giro la mia nullafacenza forzata. Poi oggi Maurizio mi chiama e sembra che c'è un bel lavoro da fare per tutto Febbraio. Delle riprese per la Erg.
Le paghe non lo so, ma sempre meglio di un calcio nelle palle no?
Tanto a Marzo si ricomincia.
Cinque minuti dopo mi chiama pure Davide nel panico. Mi chiede di passare a prendere un cavalletto da riconsegnare in mattinata. Un lavoro cretinissimo. 30 euro immediati.
Poi non se ne fa niente ma mi viene da ridere.
Chi è il santo protettore dei disoccupati?
Faccio una ricerca su internet e lo scopro: S.Gaetano da Thiene, protettore dei disoccupati e dei donatori di sangue.

P.S.: E' appena passata Elisa. No, il padrone di casa non ci prendeva in giro. E' proprio una gnocca!



lunedì 29 gennaio 2007

Allora...
Stamattina sveglia a un'ora indecente. Ho dormito anche ieri pomeriggio ma si vede che non è bastato. Altro sogno umiliante, frammento da dimenticare.
Mi sveglio che la gente seria sta radunando le energie per l'ultimo sprint prima della pausa pranzo.
Per prima cosa vado alla posta. Questioni di soldi.
Queste sono le mie prossime spese.
Ho appena pagato il bollo auto. Ho fatto un prelievo mezz'ora fa che si è rivelato anche insufficiente.
152 euro e qualche spicciolo. "E' un po' aumentato quest'anno" mi fa il tabaccaio.
Un po'?
Fra pochi giorni di nuovo l'affitto: 300 euro precisi.
Poi l'abbonamento mensile: 18 euro, perchè ho meno di 26 anni e se mi spaccio per studente c'è ancora qualcuno che ci casca.
Poi: quasi 80 euro di multa per un parcheggio nello spazio di fermata degli autobus. E pensare che per trovare quel posto ho dovuto pure girare un quarto d'ora. Vaffanculo ausiliari del traffico di merda che se vi incontro vi spacco le gambe!
Adesso ho pure due punti in meno sulla patente.
Per fortuna Febbraio ha solo 28 giorni e a Marzo si ricomincia, si ricomincia, si ricomincia.
Mi devono ancora arrivare dei rimborsi, devo stringere un poco la cinghia.
Niente vizi e vizietti sto mese, figuriamoci stravizi.
Devo presentare la domanda per il sussidio di disoccupazione. Insomma, ci potrebbe essere da stare allegri ma non nell'immediato.
Mi dice Olti che il padrone di casa mi cerca. Busso ma non risponde nessuno.
Ripasso in serata.
Santiago, il terzo nella casa, se ne va. L'altro giorno sono entrato e sembrava fosse passato un tornado. Disordine, scatole e scatoloni. Preparativi per il trasloco.
Anche 0ggi ho trovato la lavatrice piena. L'ho svuotata e ci ho messo i panni miei. Il turno dei neri.
Chi verrà al posto di Santiago?
Forse una ragazza, dice il padrone di casa; che mi fa anche una ramanzina sull'ordine da tenere nell'appartamento.
Una ragazza? Wow.
Ho bisogno di un cavo LAN per allacciare il mio pc a internet. Domani.
Questa forse è l'ultima volta che utilizzo un internet point.
A Monteverde ne avevo uno proprio sotto casa. Ci ho passato così tanto tempo che mi chiamavano per nome e mi davano del tu.
Qui dove sono ora sono costretto a scegliere ogni volta.
Quello di via Gallia ci fa la cresta, è troppo costoso.
Quello in via Licia, da dove sto scrivendo, è il più conveniente ma i computer sono pieni di virus.
Quello in piazza Epiro mi sembrava il migliore. Ricarichi la tua tessera e sai sempre in tempo reale quanto stai spendendo. Ci lavora una ragazza molto bella. Credo si chiami Marta. L'ho incontrata proprio prima di entrare qui dentro. No, davvero un amore di ragazza.
Però certe volte i computer sono lenti ,troppo, si impallano e perdi parte dei tuoi soldi così.
Da domani forse vi scriverò le mie cronache direttamente dal sottomarino.
Potrei non uscire più di casa lo sapete?
Mi ha detto H. che la sorella di Andrea(Le Cannu) ha preso casa vicino Re di Roma. Insomma saremmo quasi vicini. Quello che mi sorprende è che so una volta abitava proprio da queste parti prima di trasferirsi a Ostia. Non appena ha potuto vi è tornata.
Che strano. Io sono di Ostia ma ho scelto io di andarmene.
E' proprio vero che ci cresce in periferia viene su sognatore e debole come un bambino anemico.
Roma non mi appartiene davvero. Un traffico continuo di automobili passa ogni giorno davanti la mia finestra, fa tremare i vetri, mi raggiunge anche nel sonno.
Ho trovato la gelateria Procopio che mi era stata segnalata ma ancora non mi sento pronto per un cono.
La cosa strana è che nell'arco di un chilometro abitano un sacco di persone che conosco: mia cugina; Giuditta, una ragazza che conosco appena, vive a cento metri in un altro seminterrato; quella testa di cazzo di Gregory, che sono due anni mi deve pagare un lavoro e non sa che adesso siamo tanto vicini: un giorno lo aspetto sotto casa, lo sequestro e chiedo il riscatto alla famiglia.
Mi dico, faccio una telefonata, organizzo un incontro, così tanto per.
Ma non lo faccio mai.
Oggi sono stato alla posta, dicevo. Ho fatto solo un'ora e mezza di fila per versare un assegno grazie alla gentilezza di un anziano che mi ha ceduto il suo numero.
Un solo sportello per i versamenti. Una coppia di anziani rimane incastrata allo sportello per non so quale storia. Passano tre quarti d'ora e sta per scoppiare la rivolta. Alla fine aprono un altro sportello.
Sono stato così tanto tempo all'ufficio postale che è tutto il giorno vado in giro e rincontro i miei compagni di fila in ogni posto: al supermercato, dal meccanico.
Eccola la gente della mia zona, mi dico.
Avrei quasi voglia di salutarli, vedere se anche loro si ricordano di me.
Mah, sono proprio provinciale fino al midollo.

Meno male che c'è Albert Arch ad allietare i miei risvegli, con la sua posta madrigale e sanitaria. E' il medico/cantante dei Superfolie. Ricorda che hai tre amici in Catalogna - dice, e si rammarica, rallegrandosene, della mia scelta di restare a Roma.
Mai tanto come in questi giorni ho calcato le calli (o i colli) dell'Urbe. Ho odiato i vigili e gli dei, intrerposte persone di un sindaco che ubriaca la cittadinanza senza davvero vuotare la botte. Ho sognato una piantina di Roma intarsiata da innumerevoli fregi colorati, che farebbero la gioia di LeCannu in quanto eterno pendolarista e ne farebbero la disperazione in quanto eterno archeologista.
Deve pur esserci un compromesso tra bellezza e funzionalità.

Scavolini, la cucina più amata dagli italiani.

sabato 27 gennaio 2007

Sarà capitato a tutti. Certe volte sembra che l'orologio si sia fermato. La lancetta dei secondi se ne sta immobile per una frazione di tempo che sembra infinito. Anche il respiro si ferma.
Poi la lancetta riparte.
E' passato solo un secondo.
Solo che abbiamo guardato l'orologio proprio nel momento in cui la lancetta si era fermata dopo lo scatto. In questi casi anche il mondo sembra essersi fermato per un secondo lunghissimo.
Ieri mattina stavo raggiungendo la mia macchina parcheggiata vicino Piazza Zama. Attraverso la strada, volto la testa e vedo un uomo per terra.
La scena ha qualcosa di assurdo: la faccia tocca il manto stradale, le gambe sono per aria. L'uomo deve essere caduto mentre scendeva dal marciapiede. L'altezza del marciapiede costringe il corpo a una stranissima posa.
La cosa più inquietante è che l'uomo sembra non muoversi più. Ma io non ho visto la caduta, guardavo altrove. La lancetta dei secondi si è fermata proprio un istante prima.
Dopo un secondo interminabile un annaspare di braccia, una torsione del busto, le mani che raccolgono la cartella di pelle. Quando lo raggiungo ha già riacquistato la sua posizione verticale.
"Tutto bene?" chiedo. Il mio tono suona falso e poco convinto.
L'uomo si allontana e sembra spaventato da me.
Forse prova vergogna.
L'asfalto gli ha lasciato segni neri sul lato destro del volto, l'estremità del sopracciglio sanguina. Glielo faccio notare.
Ringrazia, si allontana. Mi allontano anch'io, sentendomi stupido e inutile.

La sera ritorno a casa. Saranno le undici. Poco prima del semaforo di Piazza Tuscolo c'è un rallentamento. Una macchina è ferma al centro della carreggiata. Procedo con lentezza e quando volto lo sguardo vedo un paio di gambe che spuntano da una coperta di lana. Una moto per terra.
Tre autobus sono in coda nella direzione opposta alla mia.
C'è un piccolo capannello di gente. Un tipo si ferma a guardare proprio nel mezzo della strada, davanti alla mia macchina. Gli faccio i fari per dirgli di spostarsi.
C'è una persona chinata sull'uomo sotto la coperta. Le gambe dell'uomo tremano, tremano, tremano. Volto lo sguardo.
Penso pure di fermare la macchina.
No, vado avanti. Che aiuto posso dare?
Deve essere accaduto da poco. Il S.Giovanni è a meno di un chilometro, l'ambulanza arriverà tra qualche istante.
O forse voglio solo guardare. Ho l'impressione che l'incidente possa essere grave. Quelle gambe che tremano forse solo di spavento.
Forse l'orologio di quell'uomo sta battendo i suoi ultimi secondi.
Mi allontano sopreso che certe cose possano accadere proprio per strada. Con la gente intorno che si avvicina a guardare, senza una musica adeguata a sottolineare il momento.

Stamattina ripasso di lì e non trovo niente a dirmi come è andata a finire.


Luego,

più tardi,

later,

bientôt

...

E comunque io ho sentito il cazzo di profumo. E mo' ve l'ho detto.

venerdì 26 gennaio 2007


M'aveva detto il tale, Scalia, che stamattina mi alzavo, mettevo i piedi giù dal letto e sentivo un profumo. Una specie di profezia. E io stamattina scendo giù dal letto, gravido di sogni ingrati, e tiro su col naso, e niente. Vado a cercare le pantofole, che le lascio sempre da qualche parte in giro per casa. E le trovo. E su una pantofola, non so ora se era la sinistra o l'altra, c'erano schizzi di vomito del gatto.

Faccio colazione con un po' di yogurt, cereali, un caffelatte, due o tre biscotti, che la mattina non mi ci va di mangiare più di così. Mi faccio la doccia, esco, vado in biblioteca. Incontro Scalia e gli racconto che niente profumo, e schizzi di vomito sulla pantofola. Mi dice che nel profumo ci sono già dentro e non me ne accorgo. E che al limite lui, Scalia, dice, dice che si può essere sbagliato di qualche ora ma che la profezia è ancora valida e che ad un certo momento vedi che senti un profumo all'improvviso, tutt'ad un tratto senti un profumo, e lì iniziano a girare le cose, lì le cose iniziano ad andare in un certo modo. Scalia è uno che ci si può fidare, e io ci fido. E allora vediamo se nella pioggia, nel pranzo che sto per mangiare, vediamo se dietro l'orologio a muro, vediamo se c'è un profumo, vediamo dove sta, negli abiti che indosso e che insozzo, vediamo se sta nel naso, che è la cosa più probabile, sentiamo.

Con la pioggia l'odore che c'è sa di terra, di lumache, di automobili ferme al semaforo verde, di scuole elementari. Mi interessa un odore diverso, oggi, né domani né ieri. Arriva sempre, ad un certo momento, arriva sempre un odore che riconosci, e lo riconosci perché ti pare di non averlo mai sentito prima, anche se ogni volta è un po' lo stesso odore, quell'odore là che m'ha detto ieri Scalia, e che oggi, dice la profezia, dovrei sentire, da un momento all'altro.

giovedì 25 gennaio 2007


Io Voglio Volere

domenica 21 gennaio 2007


La Sagra del Pomodoro del Venerdì sera


Succede che dopo un'ora e mezza di fila ci perdiamo tutti ma otteniamo il nostro diritto d'ingresso alla locale Sagra del Pomodoro, che si svolge di solito nei fine settimana in posti diversi del mondo e in punti diversi delle varie città.
Dopo di noi qualcuno annuncia che il barattolo è pieno e richiude il coperchio.
All'interno si sprecano le offerte votive intorno a banconi. Per pochi euro ti danno un bicchiere di Tomato soup che facilita l'ascesi mistica che il luogo richiede. Niente ascesi mistica per me nonostante il bicchiere.
I più esprimono la loro religiosità nella trance del ballo. Le più religiose indossano tutt'altro che vestiti della Domenica. Infatti è Venerdì e c'è troppa carne in giro.
E' facile sentirsi santi con lo stomaco vuoto.
Commessi e commesse della posta, sacerdoti e sacerdotesse del pomodoro mischiano dischi diversi che non conosco. Sono poco aggiornato sugli ultimi salmi alla moda.
I pomodorini più fortunati si pelano l'un l'altro contro un muro.
Io mi incarno nel centro di gravità permanente della noia. Sto fermo o quasi e non perdo il succo.

Sul lato opposto del Tevere persone che non si conoscevano prima si scambiano numeri di telefono. Sarebbe una magnifica storia d'amore, di quelle che cominciano con un botto che sventra il lato destro di un'auto.
Essere costretti a stare così dare mostra delle proprie ammaccature nel bel mezzo della strada. Per fortuna c'è sempre qualcuno che capisce in questi casi, o almeno pensa "per fortuna non è successo a me". Ma certo prima o poi capita a tutti. Non è un buon motivo per non comperare un'auto o imparare a guidare.
Al mio ritorno però vedo una sola macchina.
Un monaco buddista transgenico ci chiede la direzione per la stazione di Milano. Ci offre per ringraziare un cartoccio caldo di gomme da masticare al gusto di castagna che si dicono miracolose contro l'impotenza.
Seduti sul parapetto del Tevere ci tuffiamo nelle acque per recuperare Catherine che si è lanciata tutta vestita da un altezza di venti metri. Poi finiamo per litigare su chi di noi due è Jules e chi è Jim, senza accorgerci che è un film in bianco e nero.
Catherine si sdoppia e assume le sembianze di due donne dalle iniziali consecutive. Jules e Jim sono gli unici coi vestiti bagnati. Si avvicinano al tourbillon per asciugarsi.
E intanto capisce Luca che tutte le strade riportano a Roma.
Però se ti butti nel fiume finisci a Ostia.
Magari, una volta, il risveglio su una spiaggia, al mattino.
Bisogna almeno andare a dormire prima.
L'ennesimo rito del sonno.
I topi a fendere la notte anche nel posto più bello del mondo. Romani più di me, da innumerevoli generazioni.
Alla fine sono andato all'appuntamento senza il giubbotto antiproiettili che avevo promesso. Quando il mio killer ha mal di testa sbaglia spesso la mira.
Finisco lo stesso crivellato di colpi.

Sotto casa incontro una tipa che mi sembra di conoscere. E la conosco: è la barista di fronte casa in abiti civili.
Ancora nessuna alba. Rientro in stanza e il mio compagno di cella è in piedi davanti al computer. Ancora non ho capito come si chiama. A questo punto forse non lo saprò mai.
Sono quasi le sei. Mi denudo a metà, mi infilo sotto le coperte.
Il sonno arriva, e se ne va dopo quattro ore.

sabato 20 gennaio 2007


A Luca
Certe cose possono capitare dovunque; ma è meglio che capitino a Roma, in certi posti e non prima di una certa ora.

venerdì 19 gennaio 2007

Beluga Higuerra, musicista (prima parte)

La mia prima chitarra fu una classica da quattro soldi. Avevo dodici anni. La mia grande passione era sempre stata la batteria. Già da tempo consumavo paia di bacchette sopra i jeans, e paia di jeans sotto i colpi delle bacchette. Ma i miei suoni preferiti si nascondevano nello schienale del divano, che percuotevo al ritmo dei miei dischi preferiti, il primo dei Maiden, il secondo, Rust in Peace dei Megadeth, tanto altro metal delle annate buone. L'incontro con lo Heavy Metal aveva spazzato via tutta l'altra musica dal mio orizzonte. Nel mentre sorgeva il sole-buco-nero di Seattle e io gli voltavo le spalle (Nevermind a parte, Nevermind incluso), per riscoprirlo tanti anni dopo, con rammarico e falsa nostalgia.

...

Mio padre aveva il gusto della sorpresa, e un giorno mi fece recapitare una batteria direttamente a casa, una Williams bianca, cinque pezzi, piatti Headliner. Una cosetta da principianti ma per me, che ero meno che un principiante, era una batteria e basta. La suonai da subito con una certa disinvoltura. Pochi minuti ed ecco il vicino di casa: "La batteria non è cosa da gestire in un condominio". E allora chiesi una chitarra classica. Imparai i primi accordi sul libro di educazione musicale delle medie. Avevo l'abitudine di riporre la chitarra accanto al termosifone; complice qualche botta contro i mobili di casa, essa assunse ben presto le sembianze di una grottesca banana. Un giorno la buttai platealmente nella spazzatura. Mio padre, impietosito, mi comprò un'elettrica, una Clash rossa. Anni dopo, riverniciandola, avrei scoperto che era di legno multistrato. Ma fu su quella chitarra che mi feci le ossa. Avevo un gruppetto, gli Harlot, facevamo le cover dei Maiden e avevamo addirittura un paio di pezzi nostri. Ero il più giovane. Suonammo anche dal vivo, una volta persino senza bassista. Il gruppo non sopravvisse ai miei esami di licenza media e agli obblighi di leva di alcuni componenti.

Misteri d' italia.

Andò stà er gaigher? Voci di corridoio lo danno ancora in quel di barcellona, impegnato in un imprecisato lavoro di concetto o speculativo, non si sa.

Comunque, sono sono passato alla versione beta ed ora ho l' account gughel.

Pace e bella a tutti!

mercoledì 17 gennaio 2007


Mi piace starmene così, mezzo sopito. Passata la frontiera si sente parlare in modo diverso e bisogna sapersi riadattare, magari standosene in silenzio per un po', ad ascoltare e a farsi idee nuove, con pazienza e curiosità.
A qualcuno tutto ciò sembra addirittura arrogante. Ma io sto in grazia di Dio e non rispondo alle provocazioni, non ne ho proprio bisogno. E nel dire questo mi sento arrogante davvero; e anche in quest'arroganza io ci sto bene, è una cosa tutta mia e ne sono gelosissimo.
Sono bentornato a Roma. Vado a prepararmi qualcosa di caldo, che verserò in una tazza molto grande, di quelle che si portano alla bocca con due mani. E' l'immagine più arrogante che mi venga in mente.

martedì 16 gennaio 2007

Barcellona 2006-2007. Premiazioni notturne.


1- E penso che questa è l'ultima notte nella sua stanza. E faccio un sospiro che non va preso per uno sbadiglio. La migliore stanza, forse, del più silenzioso quartiere del casco vecchio, in una casa bella quanto umida e inospitale. Eleggo il padron Manuel Serrano: Peggior Personaggio Incontrato, senza appello. Sei vecchio, imbecille e tossicodipendente, hai voglia te a ingoiare Q10.

2 - Ho mangiato pakistano anche stasera, a Raval, da Zeeshan Kebabish, per la quinta volta in due settimane. Ogni volta, pressappoco, con una diversa compagnia. Ma quasi ogni volta ho ordinato carne Korma o Tikka Masala o entrambe, montagne di riso e tanto altro. Mai speso più di 14 euro, porzioni generosissime, grande varietà di sapori e colori, ambiente accogliente e rilassato, gestori simpatici, rincoglioniti e analfabeti; non si servono né alcolici né maiale, per ovvi motivi. Interessanti anche i dolci. Eleggo Zeeshan Kebabish: Miglior Ristorante, senza appello. Merita una visita, se andate a Barcellona fatemi uno squillo e vi spiego come ci si arriva. Mi spiace per il Bar della Boqueria ma lì il cameriere è davvero troppo stupido, si mangia scomodi e il pinzimonio in cui affogano le seppie è più salato del mare in cui respiravano.

3 - Dovrei tornare al ristorante, quello dove lavoravo, a riscuotere una ventina di euro di mance. Ma non credo di averne il tempo, né la voglia. Se li tengano pure, con tutta la roba da mangiare e bere che ho sottratto indebitamente alle loro dispense, spesso allontanandomi dal lavoro per espletarne la consumazione. Eleggo il mio Bimestre da Cameriere: Esperienza Lavorativa Più Degradante, sebbene sia, ad oggi, l'unica della mia vita, suppergiù.


4 - Ma se smetto ancora una volta di suonare la batteria rispeditemi a scaldare focaccie che me lo merito. La Batteria, anche quando non è mia, è una cosa che proprio mi appartiene. Come la Musica. Eleggo la Musica: Più Autentica e Inesauribile Fonte Naturale di Energia e Gioia del Mondo. La musica tutta - e a ciascuno la sua - senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.


5 - Eleggo Domani: Miglior Giorno del Mio Soggiorno a Barcellona. Di domani non immagino nulla, a parte che sono quasi le 5 del mattino e non sono ancora andato a dormire.

lunedì 15 gennaio 2007

Non posso negare che il discutibile restyling abbia a che fare col mio imminente ritorno a Roma. E' anche vero che, valigie (valige) a parte, oggi non ho granché daffare e da tempo riflettevo su come i cambiamenti estetici possano agire induttivamente sulle profondità dell'animo.
Ho scelto un azzurro più rassicurante ma l'ho bigarrato di arancio e giallo. Tensione tra complementari, magnetismo cromatico, oooh...

domenica 14 gennaio 2007

Oggi, svegliandomi, ho realizzato che mi restano solo due giorni per trasformare 4 mesi di vita in un paio di valige. Magari si scrive valigie; ho fatto una ricerca su Google per saperne di più, e la versione senza "i" produce due milioni e mezzo di risultati mentre quella con "i" fa un milione scarso di voci. Ora, di fronte ad un simile webiscito anche l'ortografia dovrebbe andarsene a fanculo.
Per il momento ci vado io.
Ieri s'è consumato l'atteso concerto dei Superfolie, di fronte ad un discreto numero di avventori (150 circa). Io sono riuscito ad attrarre due fans soltanto, di cui uno pagante (lo siento Aitor).
Non so che dire di più a proposito di questi lunghi mesi. Hanno covato qualcosa di ingiusto e inaccettabile, hanno messo duramente alla prova la pazienza e la spontaneità di Higuerra.
Anche tutto ciò, quello che scrivo, boh, è falso, è inutile, è silenzioso e lontano. Trapelasse almeno un filo di rabbia. Evidentemente non ce n'è abbastanza, non ce n'è più.
Boh, io sono solo stanco, ho dormito anche poco, non ho ancora mangiato nulla e checché ne dica l'orario sotto riportato sono le quindiciettrenta.

sabato 13 gennaio 2007



http://www.pubyfiesta.com/base.php?name=pubevent&pub_id=000323

Stasera suonano i Superfolie, alla Sala Rulot, locale di St. Andreu, quartiere della Quinta Polla (si fa per dire) di Barcellona.
Il gruppo nasce sul finire dell'estate 2006, dall'incontro del pianista cantante Albert Arch Canas (non ho la enye spagnola, quella con il fregno sopra) con due superstiti del defunto pop-combo denominato Diario di Andromeda, il chitarrista Francisco e il bassista Javier (cognomi non pervenuti). In ottobre l'insufficiente trio si imbatte nel batterista Beluga Higuerra. Una fresca e una frasca, e stasera si suona.
Questa è l'arida storia, domani la cronaca.
BENTORNATO H...WELCOME HOME!

Welcome to where time stands still / No one leaves and no one will / Moon is full, never seems to change / Just labeled mentally deranged / Dream the same thing every night / I see our freedom in my sight / No locked doors, no windows barred / No things to make my brain seem scarred / Sleep my friend and you will see / That dream is my reality / They keep me locked up in this cage / Cant they see its why my brain says rage


Build my fear of whats out there / And cannot breathe the open air / Whisper things into my brain / Assuring me that Im insane / They think our heads are in their hands / But violent use brings violent plans / Keep him tied, it makes him well / Hes getting better, cant you tell? / No more can they keep us in / Listen, damn it, we will win / They see it right, they see it well / But they think this saves us from our hell


Fear of living on / Natives getting restless now / Mutiny in the air / Got some death to do / Mirror stares back hard / Kill, its such a friendly word / Seems the only way / For reaching out again.

BENTORNATO H...WELCOME HOME (SANITARIUM)

giovedì 11 gennaio 2007


Malgrado la mia esperienza barcellonese stia dando un tocco di spessore alla mia carriera di musicista, sopravvive in me una certa malavoglia di andare alle prove. In altri tempi avrei riversato ogni volta tutto il mio tedio sull'esecuzione e nel giro di pochi incontri avrei mandato in vacca - e l'ho fatto - qualsiasi gruppo. Con i Superfolie ciò non avviene perché facciamo una musica quadrata e povera di improvvisazione, che mi incute una concentrazione svizzera e mi riempie di autostima ritmica. Non avviene anche perché sabato abbiamo il concerto, e tutti, persino io, vogliono ben figurare. Stasera avevamo fatto le ultime prove; poi Xavi dice, fa - andiamo al buffet libre. Si tratta di andare a cenare giapponese a crepapelle. Xavi però si rivolge agli altri, a me non mi invita, dando evidentemente per scontato il mio rifiuto, per ragioni che tuttavia mi sfuggono. Io sento di voler partecipare e dico: ragazzi, ci si rivede prima del concerto? Magari una cena, una birra. Albert, dopo una serie di ipotesi e congetture, mi fa - Beh, vieni a cena con noi ora, al buffet libre giapponese. E io - vale, ok, vengo, venga.

E andiamo in questo ristorante giapponese. La sala è enorme e ci siamo solo noi, più camerieri che clienti, sono le 23. La storia funziona che c'è questa pista circolare scorrevole con sopra mille piattini con dentro ogni ben di Bodhisattva, e ognuno piglia quel che vuole, fino a che non si sente di morir. Di volta in quando viene un samurai a rimpinzare il gioco con piattini sempre nuovi. Io accumulo una quantità di piattini vuoti ben superiore a quella di qualsiasi altro convitato; ci annaffiamo di tinto de verano, poi un caffè corretto cadauno (il caffè suicida), a seguire ci portano del sakè tiepido, Albert rompe una tazzina, risate, poi arriva il conto, sorrisi tiepidi più o meno come il sakè.

Ci alziamo tronfi e borracci, io propongo - chicos, torniamo in studio a provare il repertorio, che se ci viene bene in queste condizioni allora siamo a cavallo. Albert dice che lui deve alzarsi alle 6 ma il resto del gruppo mi da spago e in men che non si dica ci ritroviamo a La Pau con gli strumenti in braccio, salvo che io la batteria in braccio non ce la prendo.

E' l'una di notte passata. Kiko dice, fa - facciamo finta che è il concerto. Allora abbassiamo le luci e suoniamo tutto d'un fiato. Andiamo come il vento, sudiamo, incrociamo occhiate di soddisfazione. Finiamo che sono le 2 e mezza. Albert dice che arriverà tardi al lavoro. Albert fa il medico in ospedale, spero di non aver di che essere ricoverato domattina all'alba, e che i Bodhisattva me la mandino buona, con tutto quello che ho messo in corpo.

Si chiude così il ciclo delle prove coi Superfolie, nel migliore dei modi. Il concerto è una storia da scrivere. Comunque vada, grazie a Kiko, Xavi e Albert, tre dei pochi amici che ho avuto qui.


In questi giorni ho le sensazione di starmi riscrivendo, di starmi ricostruendo un tassello alla volta. Ho speso un po' di soldi in vestiti e scarpe. Mi pare di avere un sacco di memoria a disposizione, un miliardo di cose da dire e da fare, una tonnellata di voglia di farle, senza ansia, con concentrazione svizzera e autostima ritmica.

Le mie narici, che qualche settimana fa soffocavano nel fumo, ricominciano a distinguere gli odori. Ci vuole pazienza, non s'è mai sentito che un naso appassisca.

mercoledì 10 gennaio 2007

Io so perchè questo blog si chiama Café Absurd.
Io in un Café Absurd ci sono stato davvero. O si chiamava Absurd Café?
Ci sono stato e c'era anche Higuerra, molto tempo prima che si facesse chiamare così. Diciamo 10 anni fa tondi tondi.
Solo non mi ricordo: l'Absurd era quello vicino la piazza centrale con la Rathaus, e la chiesa?
Nel cortile della chiesa l'ultima notte della seconda volta abbiamo seppellito una bottiglia di birra e dentro la promessa scritta di ritornare ancora. Siamo ritornati, ma la bottiglia non siamo riusciti a trovarla. Ci eravamo dimenticati di segnare il punto esatto.
Oppure era quello vicino la fermata degli autobus? Quello con l'acquario? Ci sono entrato una domenica d'Agosto e Susanne mi ha detto: "E' morta Lady Diana." Non che me ne fregasse molto. Qualche giorno dopo ho visto i funerali in tv. Blair è un grandissimo attore, ho pensato.

Io so bene cosa intende Proust quando fa l'esempio delle madeleines. L'unico modo per ritrovare davvero la casa di Andi sarebbe avere di nuovo lo stesso odore nelle narici.
L'ultima volta la casa di Stefan aveva una mansarda in più. Ho dormito lì. Salivi per una scala che bucava il soffitto. C'erano foglie di thè in essiccazione. Da una finestra vedevo il giardino.
Mi ricordo una mattina. Le porte delle case erano sempre aperte, per strada le biciclette in sosta non venivano legate mai. Nessuno ruba da quelle parti.
Così mi sono ritrovato Raffi dentro casa. Sono sceso dalla scala, la bocca impastata, i pantaloni mezzo sbottonati: uno dei migliori risvegli di sempre.
Una sera siamo andati da Raffi e abbiamo bevuto l'impossibile. Nel giardino dietro casa coltivava marjiuana, ci aromatizzava la birra.
A una certa ora della notte tornano i genitori, due tipi assurdi mezzi hippie. Ci trovano ubriachi lessi e deliranti. Prendono la macchina fotografica e ci fanno delle foto.
Higuerra era così ubriaco che non riusciva a contare fino a sei. Si è messo pure a ballare da solo. Ondeggiava con la birra in mano a ritmo dei Depeche Mode: uno spettacolo rarissimo.
Ha vomitato l'anima e ha giurato di non bere mai più. Ah, promessa non mantenuta.
Quelle foto non le ho mai viste. Pagherei qualunque cifra per averle.
Alle volte sembra un inizio, invece è una fine.
Quella era una fine.
Se ho perso la leggerezza, se ho imboccato qualche strada a senso unico è successo tutto dopo.

Ho passato in tutto cinque settimane in Austria.
Non ho mai imparato il tedesco, ma ho imparato l'inglese. Però riuscivo a distinguere le parole anche se ne ignoravo il significato.
Sono stati cinque settimane tra le migliori di sempre.
L'ultima volta c'erano anche Francesco e Francesca. I quattro compagni di viaggio peggio assortiti che io ricordi. Siamo rimasti così tanto che Francesco non aveva più da fumare.

L'Austria vuol dire: ospitalità senza limiti; un paio di Sabato sera folli in cui è successo di tutto; io che mi lascio condurre da uno zoppo e finiamo per perderci; rientri a casa in taxi e i miei primi sogni iperrealisti; in due sul motorino mentre andiamo a suonare a casa di qualcuno: la strada ghiacciata e la neve tutto intorno; partite a ping pong; i Rammstein in ogni locale, "Engel" pezzo molto tamarro che ballavano tutti; la scuola più pulita che ho mai visto: tutti si toglievano le scarpe e camminavano con le piattine, la campanella non faceva driin ma una scala musicale ascendente; le cime degli alberi dietro le finestre; fiumi di birra; il jukebox con Simon & Garfunkel; Edoardo che si rompe un dente mentre beviamo birra di nascosto e dobbiamo inventarci una palla da raccontare ai professori; io che rubo cartoline di Klimt.
Stefan che si chiude in camera sua con Laura: poteva avere qualunque italiana ma ha scelto lei. Pessima scelta. La sera è così contento che mi offre una birra.
Un mare di ragazze ogni volta. Ragazze bellissime e simpatiche. Era facile e piacevoli innamorarsi. Le mie italiane preferite: Francesca, Marcella, Tiziana, Camilla, Serena.
Le mie austriache preferite: Susanne, Elisa, Cornelia detta Connie ( la ragazza più bella della scuola secondo Stefan; aveva una sorella bellissima "statua di cera"), Patricia detta Pizia, Martina detta Tina.
Ho fatto un disegno molto ispirato che ho regalato a Connie. A casa ho ancora la fotocopia. Chissà se lei conserva ancora l'originale.
Ho spedito per anni lettere in inglese a un indirizzo di St.Ruprecht che mi era stato scritto a inchiostro verde sul dorso di una musicassetta.
E mi ricordo il goulash.
La neve la domenica mattina.
Una gara di tiro del sasso a spaccare bottiglie. "Chi ne rompe una per primo vince una notte di sesso con me" ha detto Tiziana. Il mio sasso prende la bottiglia e la frantuma ma non ho mai riscosso il premio.
Mi ricordo un sacco di cose. E sono sicuro Higuerra le ricora anche lui.
Così come sono sicuro che quando gli capita di ascoltare "Wind of change" pensa agli ultimi giorni lì. Capitava di sentirla spesso questa canzone. Anche sulla strada verso la stazione, quando ha cominciato a piovere e lui ha detto qualcosa tipo: "Anche il cielo piange la nostra partenza".
Pensieri gemelli. Li pensano in due, li esprime uno soltanto.

Il mio ricordo più divertente. La famiglia di Stefan che mi costringe a cantare una canzone italiana. Imbarazzato, gli canto "La società dei magnaccioni", senza chitarra, solo voce.
Mi fermo ogni strofa per una delle traduzioni più improbabili che conosca: dal romanesco all'inglese.
"Let us pass that we are coming
the young boys of this beautiful Rome
We are so fine, almost painted,
And all the girls fall in love with us ..."

Si, caro Hig, anch'io vorrei avere un dvd simile. Mi basterebbe anche la peggiore copia pirata. E sono sicuro che anche la colonna sonora sarebbe perfetta: Nirvana, Morrissette, un sacco di metal dei peggiori, Bose Onkhelz, Rammstein, Take That, Prodigy, Scorpions, Depeche Mode...
Stasera mi costringerò a scrivere un post. Non mi va per niente, non mi va di fare niente. Ho comprato quattro DVD pirata e non mi va di vederli. Tra l'altro si vedono malissimo, sono di quelli ripresi direttamente da uno schermo cinematografico, e io lo sapevo ma li ho comprati lo stesso, perché costavano poco e per via dell'euforia di avere finalmente l'ultimo stipendio in tasca. I film sono Il labirinto del fauno, Borat, Il profumo e Babel. Ad ogni modo prima o poi dovrò pur vederli.
Ma più di tutto stasera avrei voglia di mettere su un DVD e trovarci tutte le scene della mia vita in cui mi son detto - cazzo, quanto sto bene, sto proprio bene. Vedere che faccia avevo, che cosa indossavo, chi c'avevo accanto, che tempo faceva e dov'ero. E cosa passava alla radio.

lunedì 8 gennaio 2007

Stamattina mi sveglio, mi infilo gli occhiali e mi metto al computer. Io il letto di mattina non lo rifaccio mai. E insomma mi metto al computer e leggo la posta e altre cose, senza rifare il letto.
Passano minuti e minuti, e ad un certo punto l'occhio mi cade sul letto sfatto, e insomma vedo una cosa curiosa. Vedo che lenzuola e coperte sono messe a forma di persona sdraiata su un fianco, cioè che sembra proprio che ci sia un uomo grande come me che sta ancora sotto le coperte, a dormire. Tutto il corpo è ben delineato, la spalla e il braccio, le gambe, anche un po' magre, l'angolo delle ginocchia, le caviglie che scompaiono sotto un cumulo di cose, di coperte e lenzuola.
E la testa, poi, la testa, è a malapena appoggiata ad un angolo del cuscino, come la metto io. Direte, vabbè, ma uno, quando dorme, la testa la tiene fuori dalle coperte. Io no, io mi copro sempre fin sopra i capelli, quindi mi sembra quasi normale vedere una testa così coperta.
La cosa strana è che questa persona che sta nel mio letto sembra dimessa, sembra triste; non sembra uno che dorme. Pare di più uno che è morto nel sonno o uno che è sveglio ma non vuole alzarsi perché non c'ha un caso da fare oppure uno che pensa ai casi suoi e piange silenziosamente.
Insomma mi faccio un caffè e torno al computer a scrivere.
Mi rigiro verso il letto e vedo che, oh, l'uomo ha cambiato posizione, adesso sembra dormire di pancia. Mi viene una cosa, mi agito un po', mi avvicino al letto un passo alla volta, con un tocco di perplessità. Alzo le coperte di scatto e il letto è vuoto. Dico - e menomale. E all'improvviso mi riviene voglia di mettermi sotto le coperte, che tanto non c'ho un caso da fare, e mi ci metto, mi sdraio su un fianco e mi copro fin sopra i capelli, a pensare ai casi miei.

domenica 7 gennaio 2007

Cari Danda, Sga e K,

quando il biscotto è buono e il latte pure la buona colazione è assicurata. E la mia stata meglio di quanto mi aspettassi.
Ma è già ora di pranzo e francamente non ho voglia di invitare niuno al convivio.

sabato 6 gennaio 2007

Nsobba

allora come è andata con la tipa? hai pucciato il biscotto, almeno hai limonato?

o.wilde

mercoledì 3 gennaio 2007


La biblioteca della Zona del Crepuscolo (ovvero "I desideri che non valgono niente")

Magari un giorno cammino per strada, inciampo e trovo una lampada di latta. La strofino ed esce un genio molto annoiato che mi chiede di esprimere un desiderio.
"Uno solo?"
"Si, uno solo. Niente desideri difficili però."
Così, appurato che non posso cambiare la mia vita, assicurarmi salute-denaro-affetto, incrementare doti sessuali o diventare un genio del pop mi restano solo desideri di poco conto.
Tutti ne abbiamo almeno uno, no? Desideri che non valgono niente, così scemi che ci vergognamo pure di chiedere.

Io per esempio vorrei conoscere Tiziano Sclavi. Incontrarlo, parlarci, stringergli la mano.
Personaggio che ha del mitologico: si dice sia un ex-alcolista, che soffrisse di depressione. Il successo della sua creatura prediletta, Dylan Dog, l'ha portato alla ribalta nazionale.
Però non si è mai fatto vedere in pubblico, mai comparso in tv, mai rilasciato interviste, mai pubblicato foto, mai un incontro con l'autore in librerie, biblioteche, fiere fumetto.
Da anni ha abbandonato anche le storie a fumetti, delegando ad altri la scrittura di Dylan Dog.
Solo di recente ha cominciato a togliere qualche velo al suo mistero: due, tre interviste su giornali selezionati; un breve commento celebrativo per il ventennale della serie; un nuovo romanzo, un paio di sceneggiature, qualche foto.

Tutti sono concordi che sia stato un genio. Sclavi sa benissimo che il fumetto seriale è carne macinata, da dare in pasto a un pubblico che la consuma in fretta. Ricicla idee preesistenti, lavora con materiali di scarto. Nessuna presunzione di voler fare Cultura. Però alcuni vecchi Dylan Dog scritti da lui sono tra le cose che più ho amato leggere.
Ancora oggi, quando li ritrovo a 1 euro sulle bancarelle, quando li rileggo in metro o sul letto mi stupisco della sua perfetta padronanza dei tempi, della scorrevolezza, dell'ironia, della capacità di narrare a più livelli.
Ha stregato adolescenti illetterati e maturi intellettuali.
Ha fatto versare fiumi di inchiostro, appassionare almeno due generazioni, avvicinare le donne al fumetto, indignare genitori.
Mi ha fatto spendere un sacco di soldi.
Ma mi ha fatto sognare come pochi altri. Vorrei incontrarlo solo per dirgli: " Grazie".


Ero a casa di mia madre e mi ha preso la voglia di rileggere "La zona del crepuscolo", il numero 7.
E' una delle storie più famose.
Inverary è un paese di poche anime che nasconde un segreto: l'intera città oscilla tra una non-vita e una non-morte. I suoi abitanti vivono in un limbo e i loro giorni si ripetono sempre uguali. Il dottor Hicks è l'artefice di questo misfatto.
Per spiegare cosa è successo prende un libro della sua biblioteca e legge: "Il caso Valdemar" di Poe.

Esiste un seguito: "Ritorno al crepuscolo", numero 57.
Dylan Dog è costretto a tornare per accompagnare una sua cliente. Qualcosa però è cambiato.
Rincontra il dottor Hicks. Ancora una volta prende un volume dalla biblioteca e legge. Stavolta è il turno del seguito de "Il caso Valdemar".
Dylan Dog è allibito: quel racconto non esiste! Poe non ne ha mai scritto il seguito!

Ma nella biblioteca della Zona ci sono anche i libri che non esistono nel resto del mondo.
Le opere incomplete sono complete: Joyce ha terminato il suo "Finnegan's wake", Rimbaud non ha mai smesso di scrivere poesie, e ci sono i romanzi mai scritti da geni sconosciuti, quelli mai pubblicati etc.
Varrebbe davvero la pena di entrarci una volta a dare un'occhiata, no?
Per qualcuno che conosco varrebbe la pena pure farsi mesmerizzare da quel pazzo del dott. Hicks. Solo per avere di diritto la tessera della biblioteca credo.

Una volta dentro cosa sperate di trovarci? Per cosa ci siete entrati quindi? Quali opere impossibili volete vedere, leggere, toccare a tutti i costi?
Ditemi le vostre.
Io vi anticipo le mie:

-spero ci abbiano messo una sezione video: mi piacerebbe vedere i film-tv di Dylan Dog di cui si parlava tanti anni fa. Tante chiacchiere ma neanche un metro di pellicola girato. Magari scopro che non valeva proprio la pena.
-vorrei vedere "Il viaggio di Mastorna" di Federico Fellini. Scoprire che l'ha girato davvero, di nascosto, e che è il suo film più bello.
-vorrei leggere Pasolini commentare la politica di questi ultimi anni, fare un bilancio del 2006. Anzi, vorrei che Pasolini fosse vivo. Perchè sono di Ostia, è probabile che l'avrei incontrato spesso.
-vorrei leggere tutti i fumetti che Andrea Pazienza avrebbe disegnato se non fosse morto proprio sul più bello.
-vorrei trovare il libro "Poesie e foto" di Arduino Kakor.
Un volume bellissimo e poderoso. Sul retro un Kakor novello Bukowski, con sigaro in bocca, fiaschetta di vino, circondato da donne bellissime.
In copertina una stringa di Umberto Eco: "Arduino Kakor è il numero uno. Diffidate dalle imitazzioni."
Proprio così, con due "z", nessun errore di battitura.

martedì 2 gennaio 2007


Magari, una volta, il risveglio su una spiaggia, al mattino. Alle 8. Né caldo né freddo. Acuti fuori, lontano. Pian piano anche il bianco del mare, una spuma fine quanto la sabbia. La sabbia, con le mani, poi con i piedi. Pochi passi, il risveglio anche degli occhi. Qua e là, nel cielo anemico, gabbiani e vari uccelli marini. Qualcuno seduto all'indiana, in silenzio, l'orizzonte e la brezza davanti. Tre, quattro invisibili passi, uno sguardo ancora. Da qualche parte, forse, qualcosa di bello.


[Carlo Orioli, Provaci tu a parlare senza verbi, Einaudi 1980]